«Standing ovation» per Fini che si commuove per Tatarella

RomaLascia il campo poco prima del triplice fischio. Ritirata strategica per evitare la ressa dei cronisti. E mentre Silvio Berlusconi, concluso il suo intervento, chiama sul palco i leader dei partiti co-fondatori del Pdl (per An si presenta il reggente, Ignazio La Russa), Gianfranco Fini alza i tacchi e saluta. Ma al di là della tempistica, il presidente della Camera gradisce. Non lo dice ai microfoni, ma con i suoi ragiona così: «Bene, bene. Anche perché – spiega – Silvio ha fatto capire in maniera chiara che il Pdl non sarà una sorta di Forza Italia allargata, ma il risultato di due storie differenti, che si trovano ad intraprendere un percorso comune».
D’altronde, riferisce a chi ha avuto modo di parlargli, da parte del premier c’è stato un preciso riconoscimento al cammino e all’azione portata avanti in questi quindici anni a via della Scrofa. Già. E non a caso, per porre fine magari alle recenti tensioni, derubricate poi a piccole incomprensioni, il Cavaliere ringrazia in maniera plateale l’impegno di Fini alla guida della destra italiana. A cui i seimila delegati, riuniti alla Nuova Fiera di Roma, su impulso dell’oratore, dedicano una standing-ovation convinta. Un tributo pubblico, a cui il diretto interessato, alzatosi in piedi, replica con un labiale «grazie».
Certo, non è tutto rose e fiori. Alcuni passaggi, quelli che Berlusconi dedica alla sinistra, pare non gli siano andati poi così tanto a genio. Ma è un po’ il solito gioco delle parti. Da un lato, il presidente del Consiglio, forte del consenso popolare, punta tutto sull’azione decisa e veloce del governo. Dall’altro, l’inquilino di Montecitorio fa di tutto per tenere aperto il dialogo tra maggioranza e opposizione, chiamate a lavorare insieme se si vuole davvero riformare il Paese.
Seduto in prima fila, a fianco del «collega» di Palazzo Madama, Renato Schifani, Fini ascolta con particolare attenzione le parole del Cavaliere. A volte annuisce, altre fa finta di non aver sentito. Di certo accoglie con piacere, e un pizzico di commozione, il passaggio in cui il leader del Pdl ricorda l’impegno di Pinuccio Tatarella, a cui si deve l’intuito di aver per primo immaginato un centrodestra unitario. E applaude, in piedi, quando cita l’impegno dei nostri soldati, delle nostre forze di polizia.
Insomma, al di là di inevitabili sfumature, la terza carica dello Stato lascia il padiglione 8 guardando al bicchiere mezzo pieno. E oggi, prima di pranzo, quando toccherà a lui chiudere la sessione mattutina della seconda giornata d’assise, si capirà cosa contiene l’altra metà. A rendere comunque positivo il bilancio politico, ci pensa pure Wilfried Martens, presidente del Partito popolare europeo, giunto nella Capitale per far da testimone alla nascita del partito unico, che da lunedì chiederà l’ingresso nella grande famiglia. Un obiettivo a lungo caldeggiato dagli uomini di An, che ora si trovano a un passo dal raggiungere. Così, Fini annuisce, batte le mani quando Martens contesta la speculazione finanziaria che ha portato alla crisi. E confida, sempre ai suoi, di essere «particolarmente soddisfatto» del passaggio che l’ospite internazionale dedica ad An, a testimonianza che non esistono più barriere ideologiche nei confronti della destra.


Tutto sommato, la prima giornata congressuale fila liscia. E regala pure un siparietto che fa tanto gongolare il Cavaliere. Una stretta di mano, «tra due leader», Fini e il Senatùr, che non passa inosservata ai suoi occhi.

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