la stanza di Mario Cervi«Giudice non mangia giudice». E la giustizia ne soffre

Caro Cervi, ho letto il suo articolo in prima pagina. Se ho ben capito lei dovrebbe sborsare 100mila euro perché nel 1999 non avrebbe censurato, da direttore responsabile del Giornale, un articolo di Salvatore Scarpino che criticava il pm Ilda Boccassini. Quando sbagliano i magistrati - perché errori ne commettono, eccome, anche se qualcuno di loro crede di essere Dio in terra - chi deve o dovrebbe pagare?
Ferrara

Caro Giorgi, sulla scia del «caso Tortora», nell'87 un referendum aveva stabilito - con l'80% di consensi - che i magistrati responsabili di denegata giustizia o di iniziative avventate o di protagonismo dovessero risarcire di tasca loro le vittime. Nella traduzione in legge - 1988 - venne riconosciuto sì che un cittadino potesse chiedere un risarcimento. Ma allo Stato, non al magistrato, nei cui confronti lo Stato avrebbe potuto rivalersi un anno dopo il riconoscimento del dolo o della colpa grave. Questo intrico di provvedimenti, con la messa sotto accusa del magistrato dopo che la vertenza è arrivata alla conclusione, con una nuova vertenza per il risarcimento, con la messa in mora dello Stato, con lo Stato che vuol farsi pagare dal magistrato prefigura anni di azzeccagarbuglismo.

Quando poi si sostenesse che il capovolgimento in appello o in Cassazione d'una decisone attestano l'abuso del magistrato o dei magistrati di primo grado, la corporazione delle toghe si proteggerebbe confermando sempre la sentenza di primo grado, evitando grane per i colleghi. Così capita che l'indipendenza dei magistrati diventi immunità, e che l'autonomia diventi irresponsabilità. Ci vorrebbe un Csm che mettesse alla porta i magistrati indegni. Ma non lo fa quasi mai.

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