PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviFinché sta fuori dalle stanze dei bottoni, Grillo è solo un monello

Cosa possiamo pensare di questo paragone? Beppe Grillo 2013: «I miei eletti del M5S occuperanno il Parlamento». Benito Mussolini 1922: «Trasformerò quest'aula sorda e grigia in un bivacco delle mie camicie nere!». È chiaro che non ci va bene né l'una né l'altra citazione, ma cosa dobbiamo pensare dei due stili così differenti?
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Se mettiamo a confronto le due citazioni, e i momenti cui si riferiscono, vediamo subito che la differenza non sta negli stili. Sta nella sostanza, nei fatti, nelle situazioni di cui nel 1922 fu protagonista Mussolini e oggi è protagonista Beppe Grillo. Quando pochi giorni dopo la marcia su Roma, il 16 novembre 1922, presentò il suo governo alla Camera, Mussolini governava l'Italia ed era in grado di alternare, di fronte a un Parlamento intimidito, le lusinghe alle minacce. Le sue testuali parole furono queste: «Con trecentomila fascisti armati di tutto punto potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato d'infangare il fascismo. Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manìpoli, potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto». Penso tutto il male possibile delle rodomontate grilline che appartengono tuttavia al repertorio d'un comico di successo che è diventato trascinatore di folle, ottenendo in questa seconda incarnazione un successo ancor più grande. In Mussolini c'era, come in ogni leader populista, una vena istrionica. Ma la sorte che prometteva all'Italia era terribilmente seria, come poi si vide. Le mattane di Beppe Grillo e del suo guru ci impensieriscono ma, finché sta fuori dalle stanze dei bottoni, non ci spaventano. Assistiamo alle sue sparate, e allo spettacolo avvilente della falange di deputati e senatori costretti al mutismo o al pappagallismo che spensieratamente le acclama. Tuttavia secondo me siamo nell'ambito della monelleria politica innestata su un grande e autentico disagio sociale, non nell'ambito d'un potenziale potere assoluto e del golpismo. Sono tempi grami quelli che viviamo.

Non carichiamoli anche di indebiti retaggi storici.

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