la stanza di Mario CerviL'8 settembre fu un disastro. Ma scongiurò disastri peggiori

Egregio dottor Cervi, sono capitato per caso a Grazzano Monferrato, città natale di Badoglio. Sulla sua casa natale ci sono due lapidi. Una lo ricorda «vicerè d'Etiopia», l'altra ricorda che «capo del governo, in tragica ora, assicurò la continuità costituzionale, attuò la cobelligeranza dell'Italia per la libera nazione contro l'oppressione nazista». Chi ha scritto queste parole confonde la fuga sua, del re, dei capi dell'esercito da Pescara con la «continuità costituzionale». Avere abbandonato Roma in mano ai tedeschi, aver lasciato l'esercito allo sbando, e mi riferisco anche a Cefalonia, vuol dire assicurare «continuità costituzionale»? Anch'Ella è stata vittima di questa «continuità». E, finita la guerra, anziché tradurre davanti a una corte marziale i «continuatori costituzionali» per fucilarli, vengono indicati come salvatori della Patria contro i nazisti coi quali fino a qualche ora prima avevano collaborato e che hanno permesso loro la fuga in cambio dell'occupazione di Roma.
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Caro Buccisano, condivido il tono e i contenuti della sua lettera tranne che per due punti. Il primo riguarda un accordo con Kesselring perché la fuga di Pescara fosse indisturbata. Non ci credo. Badoglio, i reali e gli ottusi generaloni che li accompagnavano discussero quale fosse il miglior mezzo e il migliore itinerario per scappare. Mentre il corteo d'automobili procedeva verso l'Adriatico il maresciallo passò dalla sua, che si era guastata, su quella di Umberto che lo vide infreddolito e gli prestò il suo cappotto. Con gesto furtivo Badoglio rimboccò le maniche perché non fossero visibili i gradi. Che avrebbe dovuto ostentare se fosse stato sicuro d'un consenso tedesco. Il secondo punto riguarda me. Pare, se ho capito bene, che lei mi associ all'enfasi e agli ipocriti elogi della lapide di Grazzano Monferrato. Si sbaglia di grosso. L'8 settembre fu una pagina abominevole della storia nazionale, l'ho scritto e detto innumerevoli volte. La frase che conclude L'Italia della disfatta, scritto a quattro mani con Montanelli - ma la frase fu scritta da me - suona così: «I capi politici e militari italiani non riuscirono a ingannare e a sorprendere i tedeschi, ma ingannarono, sorpresero e abbandonarono i loro soldati». Una mia inesistente approvazione della «continuità costituzionale» quale è stata realizzata - si fa per dire - da Vittorio Emanuele III e da Badoglio non va confusa con una diversa mia certezza.

Ossia che l'8 settembre sia stato realizzato - si fa per dire - in maniera vergognosa ma che fosse, date le circostanze, necessario. Un disastro terribile, ma le conseguenze d'una guerra a oltranza a fianco dei nazisti sarebbero state ancor più terribili per il futuro d'Italia.

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