PAROLA_LETTORI

la stanza di Mario CerviLa Fiat è stata allattata da mamma Italia. Che ora è «matrigna»

Marchionne sta meditando il trasferimento della Fiat negli Usa. Mettiamo da parte ogni considerazione di marketing o di mercato. La sede si sposta per pagare meno imposte, per migrare dove il rapporto con il contribuente non si basa sui continui ricatti e intimidazioni terroristiche, ma su regole certe. È giusto che il fisco italiano perda una consistente fetta di imposte: è ciò che si merita.
Chiusa (Bolzano)

Lei legittima l'ipotesi che la Fiat trasferisca la sede negli Stati Uniti. La legittima spiegando che la Fiat è soggetta nel nostro Paese alle vessazioni del fisco, colpevole di «ricatti e intimidazioni terroristiche» e dunque va cercando un altrove più favorevole all'industria. C'è senz'altro del vero nelle sue osservazioni. La tassazione italiana è esorbitante e le complicazioni burocratiche sono avvilenti. Anche in questo vanno cercate le cause del declino italiano. Voglio tuttavia rilevare che le disfunzioni lamentate non sono roba degli ultimi mesi o anni, ce le stiamo trascinando da oltre mezzo secolo. Nonostante quella zavorra abbiamo fatto progressi enormi, e nel nostro sistema economico la Fiat s'è crogiolata a lungo e a lungo ha attinto alle mammelle di mamma Italia. Solo di recente diventata matrigna. Tra le ragioni che possono indurre la Fiat a emigrare ce n'è un'altra che ritengo fondamentale. Gli italiani non comprano o comprano poco le automobili italiane. Le ultime statistiche segnalano una ripresa delle immatricolazioni europee e un nuovo tonfo delle immatricolazioni Fiat. Colpa d'una cattiva qualità dei prodotti? Non ne sono del tutto convinto perché un numero abbastanza consistente di stranieri preferisce l'auto italiana. Forse sbaglio, ma attribuisco la crisi di vendite della Fiat e connessi anche a una sorta di imperversante pessimismo nazionale, a un rifiuto del made in Italy, alla diffidenza per quanto esce dalle fabbriche del Paese più creativo del mondo. Ho già scritto, ma lo ripeto, che mai come in questo momento è mancato in Italia l'orgoglio di ciò che è italiano. Non penso, sia chiaro, a protezionismi e chiusure. Penso a un soprassalto di patriottismo automobilistico.

Almeno quello.

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