la stanza di Mario CerviLe «primavere arabe» non fanno rimpiangere gli «inverni» dei raìs

Che schiaffo per i soliti idealisti della rivoluzione delle primavere arabe, «la ribellione dei giovani egiziani». Non c'era nulla di primaverile nelle cacciate dei cosiddetti raìs. Solo un branco di vecchi sporcaccioni che vogliono tenere le donne come schiave, farsi lavare i piedi e quant'altro per il loro esclusivo piacere, nascondendosi tra le pagine del Corano. Ridurre in povertà il popolo sembra sia diventato lo sport preferito dai partiti totalitari. È successo alla Libia, ora un'accozzaglia di bande armate, e alla Tunisia, «la Svizzera araba», ora ridotta a chiedere soldi a tutti.
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Caro Alfieri, sono d'accordo con lei nel deplorare la deriva autoritaria delle primavere arabe. Non è che tutti i ribelli fossero militanti del fondamentalismo intollerante, credo nell'esistenza in quei Paesi di frange acculturate, moderne, nemiche dei regimi cui tanti popoli sono stati sottoposti dopo la fine del colonialismo. Ma di frange si tratta. Ho la convinzione che le aree cui lei si riferisce siano inadatte, in radice, alla democrazia. Non ho capito bene se, parlando di vecchi sporcaccioni, lei voglia riferirsi ai nuovi padroni dell'Islam o ai padroni che li precedettero. Purtroppo certi slanci collettivi, che issano al potere i demagoghi fanatici, sono un dato permanente dell'universo islamico. Alla sua diagnosi muovo tuttavia un'obiezione.

La ripugnanza per il presente non può diventare elogio d'un passato durante il quale Gheddafi fu ritenuto - prima della svolta filo-occidentale - il leader d'uno Stato terrorista oltre che dispotico, e Mubarak usò il pugno di ferro contro chiunque volesse insidiarne il dominio assoluto. Questi tiranni avevano sempre tesoretti o tesoroni nascosti nelle banche svizzere. L'oggi del nord Africa è scoraggiante. L'ieri poteva essere più comodo per l'Occidente, ma per i sudditi dei raìs era scomodissimo.

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