E due. Dopo laccusa di omicidio si liquefa anche la seconda accusa lanciata dalla Procura di Vigevano contro Alberto Stasi: laccusa di essere un pedofilo virtuale, un maniaco del sesso adolescenziale via Internet. Accusa, come è noto, connessa e funzionale a quella di avere ammazzato la sua fidanzata Chiara Poggi: perché, anche se mai esplicitamente asserendolo, il pm Rosa Muscio e il suo staff investigativo adombravano nella perversione telematica di Alberto il possibile movente di un delitto altrimenti senza spiegazione. Senza contare che laccusa infamante di pedopornografia si era rivelata assai utile a completare il quadro già assai fosco della personalità del giovane Stasi, già inviso agi inquirenti e alla stampa perché colpevole di non commuoversi abbastanza davanti alla tragedia della morte di Chiara.
Ma lo stesso giudice che aveva voluto vedere chiaro - ordinando nuove perizie - nellalibi di Alberto, nel pasticcio della scena del crimine, nellora della morte, ha voluto vedere chiaro anche nella presunta passione di Alberto per le minorenni, anche qui ordinando una consulenza dufficio. Ed allo stesso modo in cui laccusa di omicidio era crollata davanti alle nuove perizie, portando il giudice Vitelli ad emettere la sentenza di assoluzione del 18 dicembre scorso, anche il coup de theatre della nuova imputazione sembra destinato a non sfociare mai in un rinvio a giudizio: perché la consulenza depositata ieri dai periti Roberto Porta e Daniele Occhetti non ha margini di incertezza: Stasi è «un soggetto non specificatamente interessato alle tematiche della pornografia minorile e privo delle caratteristiche tipiche di chi fruisce abitualmente di contenuti di tale natura».
Si legge nella perizia: «Le immagini recuperate presentano caratteristiche compatibili con l'attività di caching del browser di navigazione web più che il risultato di una precisa e volontaria acquisizione. Gli stessi contenuti ricavabili dai siti web in esame appaiono prevalentemente di dubbia interpretazione, in quanto ritraggono soggetti che, per il senso comune di riconoscimento, potrebbero risultare indifferentemente di maggiore o di minore età». Tradotto: in molte delle immagini trovate sui suoi computer Stasi si potrebbe essere imbattuto per caso, per colpa dei motori di ricerca e non per una sua deliberata volontà di scovare immagini di ragazzine; e peraltro le stesse immagini individuate ritraggono fanciulle sul crinale della maggior età, non chiaramente identificabili come under 18. E allora, che pedopornografia è?
Certo, resta assodato che Stasi aveva una passione piuttosto compulsiva per i siti porno, tanto che anche la mattina in cui Chiara moriva lui navigava nel web a luci rosse. Ed è anche vero che tra le chiavi di ricerca utilizzava spesso «teen», che nellambiente indica la preferenza per le giovanissime. Ma questo, scrivono i periti, non basta per etichettarlo come pedopornografo: «Se obiettivamente valutate, le condotte di Alberto Stasi non appaiono in alcun modo tipiche di chi intende fruire di contenuti pedopornografici», «nessuno dei supporti di archiviazione esaminati presenta contenuti afferenti la tematica della pornografia minorile in stato di regolare memorizzazione e possibilità diretta di accesso e di fruizione da parte di un utente». E se in alcune occasioni le immagini sotto accusa sono state condivise da Alberto con altri internauti, questo è accaduto per un automatismo dei programmi informatici.
Unaltra archiviazione in vista, dunque.
Stasi, traballa pure laccusa di pedopornografia
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