Stefano Filippi
Il governo ha affidato ai patronati sindacali il compito di sbrigare le pratiche per fare ottenere agli stranieri il permesso di soggiorno. Un protocollo firmato al Viminale il 9 febbraio scorso, che però è stato messo a punto soltanto nelle ultime settimane, allarga anche agli «istituti di patronato e di assistenza sociale» il disbrigo dei «procedimenti amministrativi per il rilascio e il rinnovo dei titoli di soggiorno e delle carte di soggiorno dei cittadini stranieri». Enti che devono svolgere anche «attività di assistenza, informazione e consulenza». Formalmente è una sperimentazione che durerà tre anni e sarà completata con il progressivo trasferimento delle competenze sui permessi di soggiorno dalle questure ai Comuni: i lasciapassare non saranno più autorizzazioni di polizia ma semplici atti amministrativi degli enti locali.
Il provvedimento, che coinvolge anche questure, comuni e Poste, è teso a sfoltire le lunghe code che si formano davanti agli uffici pubblici, a ridurre i tempi delle procedure e a facilitare i ricongiungimenti familiari. Migliaia di persone a caccia della regolarizzazione dovrebbero essere agevolate, anche se bisogna continuare a presentare le domande alle Poste: ma dopo che i patronati hanno preparato le carte e spedito una copia della domanda per via telematica, essi possono tenere sotto controllo liter della pratica e informare lassistito sulla situazione.
Chi non passa dal patronato può continuare a farsi del male facendo le solite code. In pratica l«operazione permessi di soggiorno» viene appaltata agli enti legati ai sindacati e alle associazioni di lavoratori come Acli, Coldiretti eccetera. La pubblica amministrazione alza insomma bandiera bianca e appalta una fetta del proprio lavoro (e del consenso sociale e politico) a istituti che si autodefiniscono di «mediazione sociale» e che ormai si sono conquistati una sorta di monopolio dei rapporti tra burocrazia e cittadini, soprattutto lavoratori dipendenti e anziani. Calcoli pensionistici e relative domande, denunce dei redditi, pratiche sanitarie, e ora anche i permessi di soggiorno. I sindacati sono pronti ad accogliere nuovi iscritti e ad affrontare il prossimo passo: le carte per fare ottenere la cittadinanza agli stranieri.
I patronati sono le porte daccesso ai segreti dItalia, i conoscitori della burocrazia e dei meandri dellassistenzialismo, capaci di insegnare come ottenere case popolari, sussidi di disoccupazione, indennità di accompagnamento, posti negli asili nido, punteggi di invalidità, assistenza giuridica e via elencando. Le strutture emanate dalle Acli e dalle tre confederazioni (Inca-Cgil, Inas-Cisl, Ital-Uil) hanno sedi in tutte le 103 province italiane e oltre 200 rappresentanze allestero, salite alla ribalta allinizio dellanno con il voto degli italiani allestero; ma sono ben ramificati anche gli enti più piccoli come quelli fondati da Coldiretti (Epaca), Confcommercio (Enasco), Confartigianato (Epasa), Confagricoltori (Inac).
La legge assegna loro esplicitamente compiti di consulenza e informazione sui diritti degli immigrati, incarichi da svolgere gratuitamente; eppure hanno un tornaconto: più pratiche aprono, maggiore sarà il punteggio accumulato in vista della spartizione dei finanziamenti pubblici. I patronati infatti si sostengono con una quota (lo 0,226 per cento) del gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da Inps, Inpdap, Inail e Ipsema. Soldi delle pensioni, dunque.
Questo fondo nel 2002 è stato pari a 259 milioni di euro, nel 2003 ha superato i 293 milioni e nel 2004 (i dati ufficiali saranno diffusi a novembre dalla Ragioneria generale dello Stato) dovrebbe superare i 320 milioni di euro. Esso viene ripartito in base a un punteggio calcolato sul complesso dellattività svolta. Ogni pratica sbrigata fa salire il punteggio. E milioni di stranieri rappresentano un bacino dutenza assai promettente.
Gli immigrati conoscono bene i patronati, perché appena mettono piede in Italia trovano sempre qualcuno che consiglia loro di andarci subito. Lì ricevono notizie su come ottenere assistenza sanitaria e altri sussidi: case popolari, utenze (luce, gas, telefono) in «fascia sociale», buoni alimentari, asili nido e quantaltro. Quando uno straniero varca la porta di un patronato su consiglio di qualche amico arrivato prima di lui, difficilmente saranno compiute verifiche sulla sua provenienza e sulle sue dichiarazioni; ma gli operatori sociali, per aiutarlo, faranno a gara nellaprire pratiche. Magari, se lo straniero si metterà in regola e troverà un lavoro, il patronato che è anche Caf elaborerà il redditometro e il modello Unico. E questi sono tutti servizi che danno diritto a rimborsi statali.
I responsabili dei patronati sanno bene che la questione dei permessi di soggiorno non è soltanto economica ma politica. Ha commentato Luigi Bobba, presidente delle Acli prima di diventare senatore della Margherita: «Finalmente si riconosce in modo inequivocabile il ruolo che i patronati svolgono in favore degli immigrati. Auspichiamo che nuove leggi sullimmigrazione lascino completamente nelle mani delle amministrazioni locali le competenze per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno».
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