Castel di Lama (Ascoli Piceno) È piena di rabbia Maria, e non vuole trattenerla. È lei che cerca di sostenere la madre, Lucia Di Virgilio, che sussurra a mo di nenia: «Antonio, non ce lho più...». E poi giù in un pianto composto. La donna è annientata dalla perdita del terzo figlio, il più piccolo della famiglia. Ha saputo della tragedia da Annalisa, la fidanzatina del suo ragazzo, la prima ad essere avvisata dai carabinieri: «Venite in caserma, cè stato un incidente».
Sono corse insieme, loro due. «Alcune ore di attesa, col cuore in gola - racconta Maria De Meo, 36 anni, parrucchiera, sorella dello studente ucciso a Martinsicuro - e poi la conferma della morte». Non riesce a contenersi, Maria. Non ce la fa, troppa la sofferenza che sta in casa. «Mio padre Giuseppe è malato di cuore... Mia madre è distrutta... E quei bastardi - ripete in continuazione - quei bastardi... Lhanno assassinato mio fratello. Un pugno? Ma quale pugno... Lhanno massacrato... Chi lha visto, in obitorio, ci ha riferito che ha il setto nasale fratturato, che è una maschera di sangue, irriconoscibile».
«Comera il nostro Antonio? Era un ragazzo rispettoso e dolcissimo e con quel suo amore per la natura. Curava le piante, stava dietro agli animali... Anche per questo ha scelto la facoltà di agraria. Ma si può uccidere per una bicicletta? Perché un ragazzo ti domanda dovè la bicicletta?».
Maria cerca di fare coraggio ai suoi familiari, ma prima a se stessa. «Non ci posso credere, non ci si può credere. E tutti quelli che erano lì, perché cera gente, è una località turistica, un posto di mare, e a quellora di sicuro erano in tanti in giro... Quelli che erano lì, perché non sono intervenuti? Perché sono scappati? Perché prima che lo uccidessero non li hanno bloccati? Perché non lhanno aiutato?». E adesso? «Mi aspetto giustizia, spero che queste bestie non la facciano franca.
Oggi lautopsia, domani probabilmente i funerali a Castel di Lama, dove ci sarà il lutto cittadino.
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