Alla fine degli anni 80 come sindaco si rese conto che era necessario un nuovo intervento per domare il Seveso. «Ma arrivò prima Mani Pulite che si portò via lintera classe politica di Milano e con essa anche i progetti del secondo scolmatore che avrebbe dovuto salvare la città dalle piene del torrente» ricorda Paolo Pillitteri, a Palazzo Marino dal 1970 al 1992. In quel periodo venne realizzata la prima via di sfogo al bizzoso corso dacqua e poi progettato un secondo canale, però mai portato a termine.
Il Seveso, placido corso dacqua di 55 chilometri proveniente dai rilievi morenici del comasco, per secoli è stato baluardo dellintegrità territoriale di Milano. Insieme al Nirone infatti alimentava il fossato difensivo. Storiche le sue piene: esistono tracce di una catastofica, nel I secolo dopo Cristo, che avrebbe distrutto il primo porto di Milano. Ora, intercettato allaltezza di via Ornato, attraversa Milano dentro uno stretto cunicolo sotterraneo fino a confluire nel Naviglio Martesana in via Melchiorre Gioia. Quando piove troppo, su Milano e sullalta Lombardia, unenorme massa dacqua si riversa sul torrente che non trovando sfogo nel suo corso sotterraneo allaga i quartieri nord della città, in particolare la zona attorno a Niguarda. «Il Seveso però scarica su Milano le criticità dai bacini di Como e Varese. Sarebbe giusto che anche queste due province si facessero carico della soluzione» precisa Pillitteri.
Ma cosa hanno fatto, o non hanno fatto le amministrazioni di cui lei faceva parte?
«Io entrai in giunta la prima volta nel 1970, come assessore alla cultura, e sei anni dopo ci trovammo ad affrontare un devastante allagamento che allagò mezza città. Allora mettemmo in cantiere un canale scolmatore per evitare che le piene invadessero la parte nord di Milano, deviando una parte delle acque lungo un percorso che portava da Paderno Dugnano fino al Ticino».
Progetto realizzato?
«Certo e in tempi anche abbastanza contenuti, ai primi anni 80 era già pronto. Non era una mia materia, in quegli anni mi occupavo ancora di cultura, ma ricordo molto bene che ai lavori pubblici cera un altro compagno socialista Giulio Polotti, personaggio straordinario. Era un ex sindacalista della Uil, ventenne organizzò gli scioperi del 43 alla Pirelli, poi parlamentare e assessore a cavallo tra gli anni 70 e 80».
Qualcosa non ha però funzionato se in questi ultimi trentanni Niguarda continua ad andare regolarmente sottacqua ogni volta che piove un po più del normale.
«Diciamo che quella soluzione era insufficiente. Ce ne rendemmo conto presto. Ci fu infatti unaltra spaventosa esondazione nell87 che ci costrinse a cercare nuove soluzioni. Io ero sindaco da un anno, ci sarei poi rimasto fino al 1992, e la mia amministrazione iniziò a lavorare ad un piano per fornire unaltra via di sfogo per la grande massa dacqua che si scaricava sulla città...»
E poi cosa successe?
«Che fummo travolti noi, da una piena: quella di Mani Pulite però. Così il progetto che avrebbe dovuto salvare la città dalle piene, finì nel cassetto».
E nessuno ha più ripreso quel piano?
«Credo di no.
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