Onorevole Stefania Craxi, gli scritti di dodici anni fa di suo padre su Gianfranco Fini sono di un’attualità impressionante...
(ride) «Giuro che non me li ha dettati nel corso di una seduta spiritica. Li ricordavo e sono andata a cercarli, sembrano scritti in questi giorni. Ed invece risalgono al ’98, vuol dire che alcuni vizi di Fini sono antichi».
Che impressione le ha fatto rileggerli oggi? Ne è rimasta particolarmente colpita?
«No, non mi ha fatto impressione. Ho spesso avuto prova della lungimiranza estrema con cui mio padre era capace di leggere gli avvenimenti e di prevedere anche le cose che sarebbero accadute. Questi sono stati scritti negli anni dell’esilio, da Hammamet, erano articoli che cercava di far passare ai giornali italiani e che invece spesso venivano cestinati».
Suo padre, nella «Nota su Fini» del 1998, dice chiaramente di non credere al distacco dell’ex leader del Msi dal fascismo...
«E non credo che avesse torto. Non tantissimo tempo fa Fini diceva di lavorare per il fascismo del 2000, quindi effettivamente...».
Però ha sbagliato una previsione: ha scritto che Fini non avrebbe mai ricoperto cariche istituzionali...
«Eh sì, questo non l’ha previsto. Ma tutto il resto è preciso».
Ha parlato di Fini, qualche volta, con voi figli?
«Non mi pare. Ma lui metteva per iscritto quello che pensava. Cercava di far pubblicare i suoi articoli, anche firmandoli con lo pseudonimo Edmond Dantès, ma finivano nel cestino».
Nell’articolo del 1998 «Prendere le distanze» Craxi rimprovera a Fini i sistematici distinguo da Berlusconi...
«Anche questa nota sembra scritta in questi giorni. Evidentemente l’abitudine di Fini è molto antica se mio padre la dipinge con tanta precisione con dodici anni di anticipo».
Fini andava fermato prima?
«I segnali di quello che è accaduto durante la Direzione nazionale c’erano tutti. Il problema è che Fini non si è mosso e non si muove da solo.
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