Roma - Sei Ramba come la marocchina Rachida Dati, da ministro della Giustizia nella Francia di Sarkò, sui tacchi dodici a cinque giorni dal cesareo? Oppure furba come la còrsa Laetitia Casta e lasci il set d’un film dove interpreti la Bardot, dicendo all’ultimo giorno che aspetti il terzo figlio? Allora sei calcolatrice e lo sai: nessuna pietà per le madri che lavorano (come sa Antonella Clerici, mamma felice, ma conduttrice orfana de La prova del cuoco e de Il treno dei desideri). È la crisi, mammina: anche le dive piangono, perché l’assicurazione sul pancione costa troppo e le aziende, dove la donna piace squalo, sfruttabile e senza prole, evitano le grane. Una riprova viene da Stefania Rocca, la bella attrice torinese classe 1971, che, con la sua bravura ha incentivato il successo di Tutti pazzi per amore, serie tv alla seconda edizione (le riprese partono a fine mese: 13 puntate pronte per il 2010), per vedersi rimpiazzata da Antonia Liskova, nel ruolo della sua Laura. C’è che Stefania l’ha fatto di nuovo: dopo Leone Ariele, 20 mesi, avuto dal manager Carlo Capasa, arriva il secondo figlio maschio della coppia.
Cara Stefania Rocca, subito sostituita in «Tutti pazzi per amore». La Rai discrimina le donne in attesa?
«Parlare di discriminazione, forse, è troppo. Però, potevano aspettare altri quattro mesi: in fondo, non succedeva nulla. Tra l’altro, io l’ho detto subito che ero incinta».
E allora come mai non hanno riscritto la serie, come accade negli Usa, dove si adatta il copione alle esigenze dei protagonisti?
«Per la verità, so che ci hanno provato. Hanno anche provato a spostare la programmazione. Ma avevano paura di perdere l’entusiasmo del pubblico. Non si potevano perdere i fans della prima serie. A me, comunque, è dispiaciuto».
C’è anche un problema assicurativo, mi sembra, quanto alle attrici in gravidanza?
«Il problema assicurativo esiste: l’assicurazione di Tutti pazzi per amore, poi, non ci copriva per tutto il tempo... Piuttosto che prendere rischi, hanno preferito sostituirmi. Diciamo che ognuno ha fatto i propri giochi. All’inizio, sembrava fossi indispensabile. Adesso, invece, non sono così indispensabile. Sei incinta? Cavoli tuoi. In fin dei conti, è una professione libera... Mi spiace, soprattutto se penso ai sacrifici affrontati quando avevo Leone piccolino, sul set della prima serie».
Quali sacrifici?
«Per me era importante che stesse con la mamma. Sarò stata egoista a tenerlo con me mentre giravo, però è stato anche divertente. Lo allattavo ogni due ore e così, nove mesi d’insonnia! Ho pure licenziato la mia prima tata, che, furba, sosteneva che Leone dovesse andare al parco, con lei e non stare sul set con me. In realtà, era lei che voleva chiacchierare con le altre tate, ai giardini. Anche perché, magari, su un set ci si può annoiare, se non si è coinvolti».
Prima della maternità, dava l’idea d’essere una donna di polso, quasi restia ai sentimenti, alla dolcezza...
«È vero: non ero così fragile, prima. La prima notte, dopo aver partorito Leone, ero stanca. Ma quando, il giorno dopo, le infermiere me l’hanno portato, dicendomi: “Mamma, ecco il tuo Leone”, mi sono messa a piangere. È stato emozionante sentirmi chiamare mamma».
E anche qui, qualcosa è cambiato: ha sempre sostenuto che teme l’annullamento delle donne nella maternità...
«L’universo femminile è troppo ampio: non si può restringere solo ad essere mamma. Essere mamma è fantastico, ma ci sono anche gli stimoli personali, le fantasie: mi spiacerebbe perdere l’altra parte. E poi, non vorrei andare sulle tracce di mia madre».
Perché, sua madre ha dovuto rinunciare a qualcosa?
«Mia madre è fantastica: ha fatto tutto per le sue tre figlie. Però mi dispiace che abbia perso la sua possibilità di esprimersi. È una donna creativa: disegnava modelli di abiti e mi divertivo un sacco, da piccola. Ogni modello aveva il suo colore e io giocavo con lei, con i colori».
Al secondo figlio, progetta il matrimonio?
«Non lo so. Il matrimonio ha perso un po’ di poesia e di valore. Oggi, il valore più grande è riuscire a rispettarsi, al di là del foglio di carta firmato».
Come vede il cinema italiano?
«In grande forma.
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