Franco Fayenz
da Milano
Al Teatro Manzoni di Milano, Aperitivo in Concerto è approdato ieri al penultimo appuntamento della stagione con il trio del pianista Steve Kuhn, assistito da Eddie Gomez contrabbasso e Billy Drummond batteria. Il concerto di chiusura, lunedì 13 marzo ospiterà il gruppo Shakti di John Mc Laughlin. Prima del concerto di Kuhn molti prevedevano una performance per intenditori. Ma chi ricordava bene il virtuoso di New York - 68 anni trascorsi sul pianoforte sin dallinfanzia - sapeva che la sua tecnica superlativa, le capacità espositive, i lunghi studi anche classici e i sodalizi, dal 1960 in poi, con i maggiori maestri del jazz americano, avrebbero suscitato vivo e generale entusiasmo. E così è stato.
Nel pedigree di Kuhn figurano Kenny Dorham, John Coltrane, Stan Getz (la collaborazione più lunga, nella prima metà degli anni Sessanta) e Art Farmer. Poi il pianista si mette in proprio e soggiorna nellEuropa del Nord dal 1967 al 1971, quindi ritorna definitivamente in patria. Ma già allora, da più di dieci anni, si notano nel suo stile due punti fermi mai più abbandonati: lamore per il trio formato da pianoforte, contrabbasso e batteria nel solco di Ahmad Jamal, Red Garland, Bill Evans, e limpostazione delle tre fonti sonore su un piano di parità. Con Evans, in particolare, ci sono affinità di forme e similitudini speculari che nel concerto del Manzoni sono apparse evidenti.
A questa constatazione giunge inattesa la testimonianza probatoria di un cd inedito pubblicato nei giorni scorsi dalletichetta giapponese Pjl, inciso in studio a New York nel novembre 1960. Vi partecipano il ventiduenne Kuhn, Scott La Faro contrabbasso, Pete La Roca batteria, ed è di una bellezza straordinaria. La Faro, che morirà in un incidente pochi mesi dopo, lavorava allora con Evans. E ieri - vedi caso - Kuhn si è presentato a Milano con Eddie Gomez, collaboratore di Evans dal 1966 al 1977.
Ma non si pensi a copie o imitazioni. Kuhn improvvisa in totale autonomia; e la somiglianza riguarda la continuazione di una scuola fondamentale del jazz moderno, che riceve suggerimenti anche dalla musica contemporanea europea e li restituisce filtrati dal proprio linguaggio.
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