Berlusconi e i suoi nemici non si capiranno mai. Non è una questione politica e non tocca neppure la giustizia. È una frattura ancora più profonda, esistenziale, una sorta di incomunicabilità, di segni, di gesti, di azioni che diventano indecifrabili. La storia di Lampedusa è lesempio più chiaro. Il premier sa che lisola è un fronte caldo e difficile. Gli alleati li sente distanti. Bossi e Maroni vogliono risolvere il problema a modo loro, con parole spicce e lobiettivo di tenere lontano il Nord da tutto questo. Berlusconi non è leghista. È milanese ed è unaltra cosa. Non sente la cultura mediterranea lontana. È lo stesso istinto con cui si confronta con Napoli. I suoi nemici dicono che è solo ossessione da show. Lui, probabilmente, la vive in modo diverso. Cè la voglia di metterci la faccia in prima persona, la speranza di risolvere quello che non va con un colpo di mano, ricorrendo allo spirito dimpresa. Non è solo il «ghe pensi mi». È il gusto della sfida. Cosa significa impossibile? E allora parte, prende laereo, si carica di entusiamo, cerca di ingannare il fatalismo. Lidea è risolvere tutto in 48-60 ore. Sei, forse sette, navi per trasferire i seimila nordafricani. «Nellisola resteranno solo i lampedusani». Berlusconi è così. È la sua visione del mondo. È lo stesso approccio di Napoli e dellAquila. È quella vocazione da outsider, da dilettante della politica come la definisce Giuliano Ferrara, che resta unanomalia e un marchio di fabbrica. È la speranza di riuscire a far convivere solidarietà e efficienza. Cè tutta la sua antipatia per i «ma» e i «però», e per i tempi morti. È un Berlusconi che negli anni ha incassato troppi compromessi, che si è sentito tradito dagli alleati, che sente sulle spalle tutto il peso del governo. È una logica che fa imbestialire chi da anni vuole vederlo precipitare a terra. Ma è il suo modo di pensare. È la chiave per capire le sue scommesse in prima persona. Berlusconi non si maschera. Non lo ritiene necessario o semplicemente non gli piace. Ma si comporta come nessun altro personaggio pubblico farebbe mai. È la natura dei suoi successi e dei suoi guai.
A Lampedusa non cera il governo. Non cerano Maroni o Frattini, Tremonti o La Russa. Cera lui. E basta. È lui che chiede un Nobel per la pace per Lampedusa. Unidea che qualcuno può considerare sopra le righe, ma che in fondo è un riconoscimento per il ruolo di fronte, di trincea, di porto umanitario che lisola sta svolgendo nel caos mediterraneo. Berlusconi guarda Lampedusa e vede come vorrebbe vederla, libera per un anno da tasse, una moratoria previdenziale e bancaria, campi da golf, verde, un piano marketing per il turismo. Per Di Pietro è un bluff. Berlusconi è un raìs. Berlusconi è matto. O come dicono i suoi ex parlamentari Granata e Briguglio è solo un clown. Lincomunicabilità è proprio qui. Berlusconi, davvero, ha immaginato Lampedusa così. È come lui la vorrebbe. È un sogno e il più grande difetto di Berlusconi è continuare a credere nei sogni. Non si rassegnerà mai a comprendere la visione degli scettici. È una questione caratteriale. La sua vita è un lungo viaggio passato a scappare dal pessimismo e dai pessimisti. Non è un giudizio morale e neppure politico. Questuomo non è capace di arrendersi. Non considera il fallimento unopzione eticamente degna e ama lempatia. Tutto il suo successo politico e come personaggio pubblico nasce dal rapporto con le gente. Questo è innegabile. È qualcosa che gli scatta automatico. Non è il premier che va semplicemente a Lampedusa. È quello che dice: «Anche io diventerò lampedusano.
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