Roma - Salari e stipendi crescono a un ritmo mai visto dal 1997, con il 2008 che si chiude con un aumento medio del +3,5%. Nello scorso dicembre, grazie alla chiusura di alcuni contratti importanti del settore privato - in particolare, commercio e credito - e agli anticipi sul contratto del pubblico impiego, le retribuzioni sono cresciute del 3,8% rispetto al dicembre 2007. Di fatto, gli incrementi salariali contrattuali hanno più che pareggiato i conti con l’inflazione, cresciuta del 3,3% nella media dell’anno scorso. «Dati positivi, nonostante il meccanismo contrattuale tanto oblsoleto che si è voluto cambiarlo», osserva il ministro del Welfare Maurizio Sacconi.
Ma proprio sui numeri dell’Istat e sul modello contrattuale, il segretario della Cgil Gugliemo Epifani non rinuncia alla polemica sostenendo che l’aumento delle retribuzioni del 2008 «è frutto del vecchio modello contrattuale: quel modello andava adattato ma non stravolto. Va bene legare gli aumenti alla produttività - aggiunge - ma anche al costo della vita, altrimenti intere categorie non recupereranno mai l’inflazione. Lo strappo sul modello contrattuale è grave - aggiunge - e sarà difficile venirne a capo in temi brevi». La questione è stata discussa fra Epifani e Walter Veltroni nel corso di un luingo incontro nella sede del Pd.
Le parole del segretario Cgil, che mettono sotto accusa il nuovo modello contrattuale, siglato dalle imprese e dagli altri sindacati, non restano senza replica. «Dubito che Epifani abbia fatto questa dichiarazione - risponde infatti, polemico, Luigi Angeletti - perché sarebbe infondata. Il nuovo modello contrattuale è sicuramente migliore di quello che abbiamo rottamato. Il vecchio modello - aggiunge - ha portato i salari italiani fra i più bassi d’Europa». E la Cisl definisce «curioso» l’atteggiamento della Cgil che difende il vecchio modello contrattuale «nonostante non abbia firmato nel 2008 due contratti importanti come quelli del commercio e del pubblico impiego».
Epifani dimentica, infatti, un particolare importante: se è vero che gli aumenti salariali dipendono dai contratti nazionali siglati lo scorso anno, è anche vero che la Cgil non ha firmato gli accordi più importanti e recenti, dal pubblico impiego al commercio. Anzi, la confederazione ha indetto in tutti e due i casi scioperi e manifestazioni. Una contraddizione non da poco, e non la sola. Infatti, da una parte Epifani loda i meriti del vecchio contratto, ma dall’altra il segretario confederale Agostino Megale sottolinea che «la crescita reale dei salari è stata pari a zero», perchè l’aumento medio del 3,5% è pari all’inflazione armonizzata europea (3,5%). Insomma, per la Cgil la vecchia contrattazione è buona per far polemica, ma è cattiva per le tasche dei lavoratori.
Una posizione, quest’ultima, che la Cisl contesta: «Il superamento dell’inflazione programmata - spiega il segretario confederale Gianni Baratta - costituisce un elemento favorevole per la riduzione dei tempi dei negoziati contrattuali». A dicembre scorso i dipendenti in attesa di contratto sono, secondo l’ Istat, 3 milioni e mezzo, in forte calo rispetto al dicembre 2007. Risultano infatti in vigore 50 accordi che regolano il trattamento di 8,7 milioni di lavoratori dipendenti.
Inoltre, in molti settori gli aumenti retributivi sono stati superiori alla media: ad esempio, nelle assicurazioni (+6,3%), nei ministeri (+5,2%), negli alberghi e pubblici esercizi (5,2%), nel credito (+5%), nella scuola (+4,9%). Una dinamica che, ricorda Bankitalia nel recente bollettino, rallenterà nel 2009 quando giungeranno a scadenza contratti che riguardano solo il 10% del monte retribuzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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