Lo stipendio non è uguale per tutti se le toghe arrivano dal Quirinale

Dopo 10 anni il Consiglio di Stato boccia il ricorso di due magistrati del Tar che denunciarono disparità di trattamento per Gifuni e Berlinguer

Claudia Passa

da Roma

La giustizia, con le sue lungaggini, è uguale per tutti. Il Consiglio di Stato ha impiegato dieci anni a liquidare le pratiche avanzate da due magistrati amministrativi che lamentavano disparità di trattamento rispetto ad altrettanti colleghi, però più illustri: Sergio Berlinguer (ex segretario generale del Quirinale) e Gaetano Gifuni (attuale segretario generale nominato da Scalfaro e confermato da Ciampi).
Dieci anni per dare torto alle toghe-ricorrenti Sergio Conti e Mauro Springolo, consiglieri del tribunale amministrativo regionale, che nel lontano 1993 decisero di rivolgersi alla sezione milanese del Tar per veder riconosciuto quello che consideravano un loro diritto, e non un diritto di pochi. Per usare un tecnicismo, chiedevano l’applicazione della legge sull’«allineamento del trattamento economico», cioè l’equiparazione dello stipendio a quello di altri colleghi «di pari qualifica» che «pur se con minore anzianità di ruolo - si legge nel dispositivo al primo verdetto - godono di un più favorevole trattamento retributivo». Ovvero, tanto per non fare nomi, Sergio Berlinguer e Gaetano Gifuni, nominati consiglieri di Stato su indicazione del governo il 5 giugno 1992; il primo subito dopo aver lasciato la poltrona più ambita nello staff presidenziale, il secondo pochi giorni dopo averla occupata. Il Tar, sul finire del 1995, diede ragione a Conti e Springolo, nonostante le autorità interessate si fossero opposte tramite l’avvocatura di Stato.
Oggi, dopo un decennio, il Consiglio di Stato ha invece ribaltato il pronunciamento. Oggetto del contendere, l’applicazione della legge che dagli anni ’80 consentiva l’«allineamento» dello stipendio di alcune categorie di pubblici dipendenti a quello dei pari grado con maggiore retribuzione. Dapprima riservata ai militari, la norma era stata poi estesa ai magistrati della Corte dei conti, quindi ai consiglieri di Stato, ai membri del Tar, e via discorrendo. Al punto che l’11 luglio 1992, sulla scia di un effetto a catena che rischiava di travolgere il pubblico impiego e con esso le casse dello Stato, un decreto legge «cancellava» il principio del cosiddetto «galleggiamento» spalancando le porte a un mare di contenziosi da parte di chi le condizioni per l’aumento di stipendio le aveva maturate prima che arrivasse il colpo di spugna del legislatore.
È in questo quadro che si innesta la travagliata storia giudiziaria della coppia Conti-Springolo: non tanto perché nel decreto abrogativo non era richiamata espressamente la norma che aveva esteso ai magistrati amministrativi i benefici dell’allineamento, ma soprattutto perché - facevano notare i ricorrenti - la loro posizione (come pure quella di Gifuni e Berlinguer) era maturata prima della decadenza della legge. E, per dirla tutta, Gifuni e Berlinguer erano arrivati dopo di loro. Ergo, vantavano minore anzianità.
Il Tar, in due sentenze «gemelle» depositate il 22 dicembre 1995, diede ragione a Conti e Springolo riconoscendo loro il diritto all’allineamento stipendiale «con riferimento ai consiglieri di Stato indicati dai ricorrenti», ovvero Gifuni e Berlinguer. Lo fece sulla scorta di una vasta giurisprudenza in materia, e sulla considerazione che il valore retroattivo delle leggi era stato bandito in un precedente pronunciamento dalla stessa Corte costituzionale «perché frustra l’affidamento di una vasta categoria di cittadini nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto».
Nel ’96, però, Palazzo Chigi decise di ricorrere al Consiglio di Stato contro Conti e Springolo, questa volta non costituiti in giudizio, e adesso ha vinto la causa. La quarta sezione giurisdizionale c’ha messo due lustri a pronunciarsi, e nei giorni scorsi ha mandato al protocollo le due sentenze di segno opposto rispetto a quelle di dieci anni fa. Il principio, osserva il Consiglio di Stato, è quello del «contenimento della spesa pubblica»; il decreto del ’92, sull’abrogazione dell’allineamento, «ne ha esteso retroattivamente l’efficacia»; quanto a Gifuni e Berlinguer, i magistrati si guardano bene dall’entrare nel merito. Evitano addirittura di nominarli. Preferiscono «tralasciare», rimandando ogni spiegazione alla dotta elencazione dei principi generali.

«Le argomentazioni che precedono - si legge nelle sentenze - permettono di tralasciare ogni esame delle specifiche situazioni dei due magistrati presi a raffronto dall’appellante, e fatti oggetto di dettagliate osservazioni da parte della difesa erariale». Quali siano queste «dettagliate osservazioni», non è dato sapere.

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