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Stop ai negozi solo per stranieri

Devono parlare l’italiano e sono obbligati ad esporre in vetrina i prezzi dei prodotti e dei servizi che offrono. Ecco i nuovi paletti imposti ai negozianti stranieri a Milano e in Lombardia. L’obbiettivo è evitare il far west di aperture spot e non sempre regolari di kebab, parrucchieri cinesi che tengono aperto sette giorni su sette per 12 ore al giorno, agglomerati di mercerie tutte uguali. A fissarli è stato il Consiglio regionale per mettere ordine nella mappa dei negozi in città e per regolare attività che spesso, troppo spesso, rappresentano una concorrenza sleale nei confronti dei commercianti italiani. E anche per dare garanzie di qualità e igiene ai consumatori.
È stato approvato a maggioranza il progetto di legge, ribattezzato «Harlem», che ricalca il modello lanciato dall’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani per risollevare le sorti di uno dei quartieri più degradati della città. Favorevole il centrodestra, voto contrario invece dei gruppi di minoranza, che a colpi di 180 emendamenti e 27 ordini del giorno ne hanno ritardato il più possibile l’approvazione.
Artigiani, commercianti, estetisti e parrucchieri si devono adeguare alle nuove regole e non potranno aprire più senza insegna o uno a fianco dell’altro nella stessa via. Verranno quindi dimenticate situazioni come quella di corso Lodi dove i parrucchieri cinesi hanno aperto in massa ammazzando gli acconciatori italiani.
«Le nuove norme - spiega il relatore del progetto di legge Massimiliano Orsatti (Lega Nord) - si pongono gli obiettivi di regolamentare settori ad oggi privi di normative adeguate, risolvendo quindi criticità evidenti anche legate all’immigrazione, e fornire ai sindaci strumenti idonei per tutelare i cittadini e il proprio territorio. Nell’elaborare questo provvedimento ci siamo ispirati all’azione messa in atto in un quartiere problematico come quello di Harlem. La nostra legge infatti si propone di gestire l’immigrazione in maniera responsabile, evitando la formazione di ghetti e le implicazioni che ne derivano a livello di sicurezza e concorrenza sleale. I sindaci potranno intervenire per limitare il proliferare di attività della stessa tipologia, quali venditori di kebab, minimarket etnici, parrucchieri cinesi o centri massaggi orientali la cui concentrazione crea degrado e problemi di ordine pubblico. Inoltre si chiederà un’adeguata conoscenza della lingua italiana a coloro che decideranno di aprire un bar o un ristorante. La legge consentirà poi ai sindaci lombardi un maggior controllo del territorio, con particolare riferimento alla salvaguardia dei centri storici».
Il Pd tuttavia resta fermo sulla sua posizione e giudica il nuovo documento «solo una legge bandiera» che «non tiene conto dei provvedimenti nazionali: la manovra correttiva d’agosto del governo Berlusconi, i decreti salva-Italia e quello sulle semplificazioni, che cambiano completamente lo scenario». Il centrosinistra emette il suo verdetto e sostiene che il provvedimento votato è destinato a fermarsi davanti alla Corte Costituzionale «perché contiene palesi motivi di illegittimità».

«Contro le sterili polemiche dell’opposizione - replica Orsatti - dico invece che si tratta di un pacchetto completo che tocca differenti tematiche e che fornirà risposte concrete ad esigenze realmente avvertite da amministratori e cittadini».

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