Stop del Comune alla moschea: non serve

La soluzione è questa: niente moschea. Dopo le ipotesi, le assemblee e le preghiere in piazza; dopo i progetti, le rotture e le tensioni, la via d’uscita sembra segnata: Milano potrebbe non avere un nuovo grande luogo di culto per i cittadini di religione musulmana che vivono in città.
«La sistemazione attuale al Palasharp può andare avanti per anni», spiega il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato convinto che il problema sia «alimentato solo artificiosamente». Perché i musulmani - secondo il numero due del Comune - possono pregare a casa: «A Milano - spiega infatti De Corato - ci sono 48mila musulmani, ma il 90 per cento prega per scelta a casa. E solo una minoranza, meno di 5000, sente l’esigenza di recarsi nei luoghi di culto» pubblici e privati che - per il vicesindaco - «sono sufficienti ad accogliere i fedeli per la preghiera del venerdì». Le palestre comunali (via Cambini e via Iseo), i centri islamici (via Padova, via Quaranta, via Meda, e anche viale Jenner), e i luoghi privati (la sede dei sufi in viale Piceno). La mappa per le preghiere quotidiane è questa. Il venerdì il Palasharp assorbe i fedeli di viale Jennner. «Mentre il Ramadan - secondo De Corato - può svolgersi al Ciak, come è avvenuto lo scorso anno senza che siano state registrate tensioni, o al Palasharp».
Se Palazzo Marino dichiara che «per anni» si può andare avanti così (fino all’Expo?) si conferma dunque l’impressione maturata nelle settimane scorse: almeno fino alla conclusione del ciclo elettorale (Regionali nel 2010 e Comunali nel 2011), non si metterà mano a un progetto definitivo per non suscitare reazioni nei quartieri che potrebbero essere prescelti. Questa almeno sarebbe la linea di De Corato, ma anche della Lega (che pure vuole chiudere del tutto viale Jenner). «La questione della moschea - sottolinea il vicesindaco - continua a essere un chiodo fisso solo per il portavoce di viale Jenner Abdel Shaari, personaggio sgradito agli stessi Paesi moderati islamici come l’Egitto che gli ha rifiutato il visto. O interessa il solito teatrino mediatico pronto a soffiare sul fuoco per creare difficoltà alla giunta di centrodestra». E dunque si spiegano così le tendenze a spingere il caso fuori Milano (dove i centri islamici però si rifiuterebbero di andare). «Mi chiedo - osserva infatti De Corato - perché non ci si rivolga a qualche mecenate arabo pronto ad acquistare un terreno e a costruirvi la moschea da qualche parte fuori Milano, visto che l’attuale Pgt esclude aree adibite a questo scopo all’interno della città».
Uno spiraglio resta per le (poche) parole del sindaco, che tracciano una linea diversa: «Stiamo lavorando perché ci sia il diritto di culto senza creare problemi ai cittadini - ha detto ieri Letizia Moratti - Questo è il senso del lavoro che stiamo facendo, questo è il senso del trasferimento della preghiera di viale Jenner in altra sede».

D’accordo il ministro della Difesa Ignazio La Russa: «Non era più tollerabile l’occupazione di pezzi della città per il diritto sacrosanto di poter esercitare il proprio culto. Non è possibile creare motivi di ordine pubblico seri per poter esercitare un diritto. Il diritto sta nel non trasgredire le regole e nel non limitare il diritto degli altri».

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