Stop allo sterminio di foche: anche in Italia punito chi fa affari sulla loro pelle

Il nostro Paese non sarà più complice della caccia ai mammiferi marini, fiorente in Canada e Namibia. Fino a un anno di reclusione e a 100mila euro di ammenda per chi commercia prodotti derivati dalle foche. Intanto i canadesi cercano di sfuggire all'embargo dell'Europa

La salvezza delle foche val bene una messa. Anzi, una guerra: è quella che si sta combattendo colpi di leggi, embarghi economici e trattati internazionali che vedono - una volta tanto - l'Unione europea in prima fila dalla parte dei «buoni». E Paesi, come il Canada, che non riescono a dare un taglio netto a strutture economiche e tradizioni arcaiche che vedono le foche come animali facili da catturare e dunque «convenienti» da un punto di vista economico. Per fortuna non è proprio così, visto che la fase di recessione ed il bando della Ue ai prodotti derivati dalle foche hanno fatto sì che i prezzi delle pelli siano scesi al minimo: dove un tempo erano vendute per 100 dollari ora il valore si aggira intorno agli 8 dollari. E intanto il bando europeo alla caccia alle foche in Canada colpisce circa il 25 per cento delle vendite di carne di foca e derivati.
Ma purtroppo, oltre alla caccia praticata dall'uomo, l'inverno caldo ha drasticamente ridotto il ghiaccio nelle zone di riproduzione delle foche e molti cuccioli, essendo incapaci di nuotare nelle prime settimane di vita, sono morti annegati a causa della rottura del ghiaccio troppo sottile o diventati cibo per altri predatori.
Incurante di tutto questo, il governo canadese va per la sua strada. Per sostenere l'industria della caccia alle foche, continua a cercare nuove strategie per contestare il bando dell'Unione europea e aprire il mercato verso paesi alternativi quali Cina e Russia. Lo scorso mese di marzo il Ministro canadese della Pesca e degli Oceani, Gail Shea, aveva annunciato per il 2010 una «quota» di uccisioni pari a 388.200 foche.
Anche l'Italia, nel suo piccolo, si sta mobilitando, tra i primi, nella battaglia in corso. Così, nella Legge Comunitaria 2009, approvata in via definitiva dal Senato la settimana scorsa, viene adottato il sistema di sanzioni contro chi commercia in prodotti derivanti dalle foche. L'Italia si pone tra i primi Paesi ad applicare la effettiva tutela e la salvaguardia dei mammiferi marini cacciati, in particolare, in Canada e Namibia.
Il divieto europeo, che sarà effettivo a partire dal prossimo 20 agosto, vede già quindi applicabili in Italia sanzioni che, rafforzando la Legge 189 del 2004 contro il maltrattamento degli animali, prevedono l'arresto da tre mesi a un anno o l'ammenda da 5mila a 100mila euro per chi produce, commercializza, esporta o introduce nel territorio nazionale qualunque prodotto derivante dalla foca. Il dispositivo prevede inoltre sanzioni accessorie quali la sospensione della licenza da tre mesi a un anno e, in caso di reiterazione, il ritiro della stessa.
Questo provvedimento salverà la vita a molte migliaia di foche, se si considera che solo negli anni 2000 e nel 2003 l'Italia ha importato rispettivamente 55.000 e 15.000 pelli di foca. Tra il 1993 e il 2003, il 29 per cento di tutte le pelli grezze sono state esportate verso l'Unione europea. Ai primi posti era la Danimarca (19.6%), mentre agli ultimi figuravano, tra il 1999 e il 2003, Germania (3.15%), Italia (2.77%), Polonia (2.26%), Estonia (1.14%), e Grecia (0.03%).
Eppure l'Italia riveste ancora un ruolo primario nel mercato internazionale di prodotti di foca. I dati forniti dal nostro Governo all'Eurostat Datashop di Berlino registrano, tra il 2002 e il 2005, un import di prodotti di foca di 8,4 milioni di euro e un export di 16,2 milioni di euro. Questo perché il nostro Paese rappresenta uno dei principali trasformatori al mondo di pellicce di foca.
Uno scempio, una battaglia culturale ed economica, che ora si spera di vincere. Era il 2004 quando la Lav fu testimone diretta, assieme a giornalisti italiani, della strage che i cacciatori di foche stavano attuando in Canada. Da allora iniziò una forte mobilitazione nazionale che coinvolse subito le Istituzioni italiane con protagonista il Ministro Frattini (tramite due Risoluzioni parlamentari) poi il Consiglio d'Europa (con una Risoluzione e una Raccomandazione), poi nuovamente il Parlamento italiano con un Disegno di legge (approvato nel 2007 dalla Commissione Ambiente del Senato ma poi bloccato a causa dello scioglimento anticipato delle Camere). La svolta nel 2009, quando ormai la mobilitazione aveva coinvolto gran parte dei cittadini europei, che già nel luglio 2008 avevano partecipato ad una imponente manifestazione di fronte al Palazzo della Commissione Europea a Bruxelles.
Il 5 maggio 2009 il Parlamento dell'Unione europea ha infine approvato il Regolamento n.1007 che ha messo al bando i prodotti di foca dal mercato comunitario e il 27 luglio 2009 il Consiglio dell'Unione Europea ha adottato definitivamente il divieto che oggi fa salva la vita a milioni di animali.
Il sistema sanzionatorio del Regolamento ora verrà adottato finalmente in Italia. Un provvedimento - spiega il vicepresidente della Lega Antivivisezionista (Lav), Roberto Bennati - ottenuto grazie a un emendamento del relatore alla Legge Comunitaria, Giacomo Santini.

«Questo nuovo strumento sanzionatorio - conclude Bennati - è un importante passo avanti nella tutela giuridica degli animali. Ora si rende necessario predisporre uno specifico piano di controlli che eviti violazioni nel mercato internazionale di prodotti di foca».

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