da Roma
È un rituale che si ripete, quello che va in scena allHotel Ergife tra Gianfranco Fini e Francesco Storace. Lultima puntata di una lunga «querelle», un tempo alimentata da stoccate al vetriolo e richiami identitari pronti a evaporare nel voto finale e unanime alla linea dettata dal leader, ma oggi definitivamente salita di livello con la nascita di una vera opposizione interna.
I tempi degli abbracci un po forzati e dellunanimismo di facciata, insomma, sono finiti. An entra in una nuova era. Un cambiamento simboleggiato dalla gelida fotografia dei due duellanti che si salutano, con Storace che finito il suo intervento passa vicino a Fini e questultimo, senza girarsi, si limita a salutarlo facendo «ciao» con la mano. Come dire che se dissidio deve essere, questo deve avere anche una coerente rappresentazione visiva, senza inutili ipocrisie.
Lintervento di Storace si muove su un binario verbale lento e senza strappi. Tenendo i toni volutamente bassi, il senatore romano invita Fini a convocare il congresso «non domani o dopodomani ma entro il 31 dicembre 2007» per «sapere se ci proponiamo di tornare maggioranza con le bandiere nostre o con quelle di altri». «Perché non si deve eleggere il presidente del partito? Il congresso si fa non per pesare la minoranza ma per chiedere una delega sul percorso da fare». Storace chiede se An si presenterà alle amministrative con il proprio simbolo. «Vorrei sapere quali sono i paletti della destra. Se non cè risposta, diventa difficile riconoscersi in questa casa e rimanerci. Io sono diventato ministro grazie a Fini. Ma anche tu sei leader grazie a noi, e noi siamo qualcuno grazie a chi ci ha preceduti». E ribadisce le sue preoccupazione per lapprodo nel Ppe: «Maertens definendoci estremisti si è dimostrato cretino e ignorante. Ma mi preoccupa pensare che le posizioni della destra in Europa sarebbero affidate a Borghezio». Infine annuncia il suo «voto contrario» alla relazione di Fini.
Il presidente di An, di fronte al jaccuse, non fa una piega. Accoglie con soddisfazione il voto finale che sancisce le modifiche allo statuto (introducendo lelezione diretta dei coordinatori regionali e dando più spazio alle donne). Prende atto della «nascita di una minoranza interna». E chiude la porta a ogni ipotesi di congresso. «Contesto lesistenza dei presupposti per il congresso perché se la strategia è rafforzare il centrodestra allora non si può dire: facciamo il congresso».
Storace boccia il leader e invoca il congresso La replica: «Non serve»
Lex ministro annuncia il voto contrario alla relazione del presidente. Lex vicepremier: «È nata una minoranza interna»
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