Ho acquistato il suo libro su Montanelli, ma su due punti non sono daccordo. Da quanto lei scrive sembra che i buoni siano solo i Lazzari, mentre i patrioti sarebbero stati solo dei traditori che si affidavano ai francesi. Se è per questo anche nel 1859 ci affidammo ai francesi, altrimenti lItalia sarebbe ancora quella di allora. Sulle condizioni economiche del Regno napoletano, lei ha scritto, proprio per dire quanto erano allavanguardia i Borboni, che furono i primi ad avere la ferrovia. Certo, però leggendo una tabella del libro Storia economica dItalia, si trova che nel 1859 la situazione era la seguente: Piemonte km rete ferroviaria 850, Lombardo Veneto 522, Regno delle due Sicilie 99. Mi sembra che solo da questi dati si possa capire quale fosse la situazione e la differenza fra le due Italie.
Le chiacchiere stanno a zero, caro «giangicattani». Vuole due fatti, due su cento? Quando i conquistadores misero le mani sulla cassa del Regno delle Due Sicilie vi trovarono (trasferendoli immediatamente a Torino) 443 milioni. Il Piemonte, in cassa, di milioni ne aveva 27. E la Lombardia, per dire, solo 8. Sappia poi che allExposition Universelle di Parigi dellanno 1855 (20mila espositori, 5 milioni e mezzo di visitatori) la commissione internazionale incaricata di stendere una graduatoria delle nazioni industrializzate assegnò il terzo posto, dopo Inghilterra e Francia, proprio al Regno delle Due Sicilie. Decida lei se con questi presupposti sia lecito, sia ragionevole seguitare a sostenere che il Meridione borbonico non era né prospero né progredito, ma con le pezze al sedere, arretrato e incivile. E veniamo alle ferrovie. La prima strada ferrata italiana fu la Napoli-Portici. Non ci son santi. Lo so, molti, quasi tutti, ivi compreso Montanelli, lhanno sempre liquidata non come esempio di lungimiranza, di fiducia nellinnovazione e nel progresso, ma come un trastullo, un giocattolo del «Re Bomba». Però solo tre anni dopo il «trastullo» giungeva fino a Castellammare di Stabia per proseguire, nel 44, fino a Pompei e Nocera. Nei progetti avrebbe dovuto in seguito spingersi a Brindisi e, con una seconda tratta, collegare Pescara a Foggia. E badi, caro «giangicattani», che quando intervennero i noti intoppi - Teano, tanto per intenderci - sia i viadotti come gran parte del tracciato per la posa dei binari erano già belli che realizzati.
Strano «trastullo», no? Specie se si tien conto che il gioco di Ferdinando non si esaurì nell'esultare per il ciuf ciuf della vaporiera, ma seguitò con la realizzazione dellOpificio di Pietrarsa dove venivano fabbricate locomotive così efficienti da essere acquistate persino dal sussiegoso Regno di Sardegna. Il quale inaugurò la sua prima ferrovia - un tratto della Torino-Genova - quindici anni dopo la Napoli-Portici. Che poi Piemonte e Lombardo veneto si siano buttati a posar rotaie a rotta di collo, è vero. Ma lo fecero per soddisfar tuttaltro gioco, tuttaltro trastullo: la guerra.
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