Storia ironica contro l’integralismo

L’esordiente Jason Reitman ha scritto una commedia travolgente, che sbeffeggia le campagne per la salute con furore inquisitorio

Jacopo Granzotto

da Roma

Barricadiero quel titolo e dolce musica per le orecchie dei fumatori. O almeno se lo lo augura la Lucky Red che ieri ha presentato alla stampa Thank you for smoking, l’opera prima di Jason Reitman in uscita il 1° settembre, tratta dal romanzo di Christopher Buckley. Nel film un simpatico farabutto, pieno di amici poco raccomandabili, sogna di far fumare l’umanità e diventare ricco a dispetto dei danni arrecati. Nel frattempo deve arginare una giornalista arrivista e le lamentele del figlio dodicenne che reclama attenzioni. Saprà redimersi?
Decimati dall’ira di Sirchia e resi innocui da baristi e ristoratori, i fumatori italiani possono alzare la cresta e sperare almeno in una maggiore tolleranza. Interprete del film è Aaron Eckhart (ma in realtà doveva essere Mel Gibson), attore-surfista dalla piacevole parlantina. Non gli dispiace aver recitato la parte del messia dei tabagisti, «difendere i fumatori è una bella scommessa e voi in Italia ne avete un bel po’ di viziosi. Ma guardate che a New York ti chiedono di spegnere la sigaretta anche se sei all’aperto...».
Diciamolo subito: il film non prende posizione, e questa è già una notizia. Semplicemente si limita a lanciare messaggi contro gli integralismi da una parte e dall’altra. Il protagonista Nick Naylor camminerebbe sui cadaveri per fare carriera: «C’è Attila, Gengis Khan... e io», afferma nelle vesti del portavoce a Washington della Big Tobacco, la lobby creata dai produttori di tabacco. Naylor è la faccia dei produttori di sigarette, mandato nei talk show a difendere il prodotto e il diritto a fumare, dibattendo con i rappresentanti delle varie leghe antifumo, e affrontando lo sguardo degli ammalati di cancro. Un compito per il quale devi essere «diplomato nel colpire sotto la cintura e subire insulti - spiega -. Avete presente il ragazzo che si fa tutte le ragazze? Io sono quello, fatto di crack».
Per Eckhart, fumatore pentito («ho smesso quattro anni fa grazie all’ipnosi»), fra i lati più affascinanti del personaggio «c’è la sua energia. È un uomo che guarda sempre in avanti, che ama parlare e competere, è imprevedibile, divertente, romantico - spiega -. Appena ho letto il copione mi ha conquistato, perché era così ben delineato, e sapevo mi avrebbe permesso di stupire il pubblico, che è uno degli obiettivi su cui ho costruito la mia carriera».
Reitman, pur spingendo a fondo il pedale della satira contro la politica-spettacolo, il conflitto di interessi e la troppa influenza delle lobby sui parlamentari, blanditi con regali e donazioni, non demonizza e non idealizza nessuno. Nella pellicola, nessuno dei personaggi è mai mostrato mentre fuma, proprio per non attribuire alcun fascino all’atto in sé. «Jason - racconta Eckhart, che tra pochi giorni sarà a Venezia per presentare Black Dahlia - non ha voluto fare un film sul tabacco, ma sul diritto di tutti a decidere per la propria vita». L’attore tuttavia è molto lontano idealmente dal personaggio di Nick: «Lui è un venditore, che agisce anche in modo immorale, corrompe, tenta sempre con le parole di convincere gli altri di quello che vuole. Non sono d’accordo con la sua etica, ma è stato interessante interpretarlo. Uno dei segreti di uomini così è il sorriso. Come i politici, spesso con il sorriso riesce ad avvicinare gli altri al suo punto di vista».
«Proprio per il suo essere un film indipendente abbiamo potuto mantenere l’umorismo dark del libro senza compromessi», aggiunge.

Dopo l’uscita negli Stati Uniti, dove finora ha incassato oltre 20 milioni di dollari, a fronte di un budget attorno ai 7 milioni, Eckhart ha registrato due reazioni contrastanti: «C’è chi, come il dottore che mi ha aiutato a smettere di fumare, mi ha detto che dopo aver visto il film anche sua figlia ha smesso. I fumatori invece sono felici: alcuni di loro mi vedono come la loro nuova “voce”. Uno mi si è avvicinato col pacchetto in mano e mi ha abbracciato».

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