La storia in musica: chi ha paura del passato?

Per dimenticare una storia sentimentale andata «a male» sembra ci voglia la metà del tempo in cui si è stati insieme. All’inizio invochi solo l’oblio. Poi però te la vuoi ricordare, eccome. A lava e lapilli spenti, rimetti a fuoco tutto. Perché tu sei anche quella roba lì. Per scordarsi dello sgarro di un’amica, magari di una che una volta ti ha fregato un fidanzato, è sufficiente il tempo che a lei servirà per chiedere perdono. Per digerire un collega nemico basta allontanarsi dalla scrivania e concentrarsi un secondo su tutto ciò si possiede lontano da quel metro quadrato che ogni giorno si trasforma in un grottesco campo di battaglia. Poi certo, dipende...
Ma, spesso, quando decidiamo di perdonare qualcuno è perché comprendiamo che anche chi ci tradisce, anche chi ha come unica aspirazione il disturbarci o il calpestarci, perfino quelli con cui abbiamo passato la vita a litigare soltanto, sono (anche) quello che siamo. Che perfino loro sono un pezzo, una sfumatura, un anello inspiegabilmente determinante di ciò che siamo diventati oggi. Vai a capire di quante cose siamo fatti... Il segreto della felicità è il tasto «avanti veloce». Ma noi siamo impastati pure di tutto ciò che abbiamo voluto scavalcare alla velocità di Ridolini. Per questo è incomprensibile rinnegare. Ed è ancora più incomprensibile rinnegare pagine che fanno parte, incontestabilmente, della storia di tutti.
Ieri, quando il consiglio d’amministrazione della Rai ha bocciato l’idea, avanzata dai direttori artistici del Festival di Sanremo 2011, Gianni Morandi e Gian Marco Mazzi, di far eseguire dai cantanti in concorso la canzone simbolo dei partigiani (Bella Ciao) e una delle colonne sonore del fascismo (Giovinezza) in una serata dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, ci è venuto in mente il fatto che forse la gente dovrebbe imparare a far pace col passato. Specie se il passato è bipartisan, specie se, che piaccia o no, è il passato di noi tutti. Chissà dove lo va a prendere, la gente, tutto questo «rancore». In Italia ci sono stati i partigiani, come ci sono stati fascisti. E ci sono stati i crimini e le glorie di entrambi. Ma quel che più conta è che l’Italia di oggi è figlia di entrambi. Esattamente come ognuno di noi è figlio anche di ciò che non avrebbe voluto.


Raccontare l’Unità lasciando fuori qualcosa sarebbe come fare girare il film della nostra vita affettando via capitoli e anni e nemici e amori e inciampi e disgrazie e vittorie e tutto ciò che ci ha resi noi. Se sul palco dell’Ariston deve salirci l’Unità, è giusto che ci salgano tanto Bella Ciao quanto Giovinezza. Esattamente come nella nostra vita è giusto abbia avuto spazio anche quell’amica stronza.

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