La storia scomoda: va in scena al Ducale la strage di «Katyn»

La storia scomoda: va in scena al Ducale  la strage di «Katyn»

Ci hanno provato in tutti i modi a far passare sotto silenzio il film che racconta la «scomoda» storia della strage che i servizi segreti russi compirono nei confronti di quindicimila prigionieri di guerra polacchi. Per ragioni politiche «Katyn» del regista Andrzej Waida, realizzato solo due anni fa, ha conosciuto le sale cinematografiche italiane, e non solo, in maniera poco più che clandestina.
Da questo torpore imposto ha contribuito a farlo uscire lo stesso Giornale, quando, su sollecitazione del caporedattore Massimiliano Lussana, il Ducale si è detto finalmente disponibile a concedere una serata dedicata al film. E così, dopo le uniche, affollate proiezioni al Cineclub Nickelodeon di cui è presidente Enrico Cimaschi (un vero successo), ora il capolavoro di Wajda approda nella sala del Minor Consiglio, domani sera alle ore 21, a ingresso libero. Una proiezione pubblica resa possibile grazie alla sensibilità del presidente della Fondazione Luca Borzani. Il film polacco più discusso degli ultimi tempi sarà introdotto da un intervento proprio di Lussana.
L’evento rientra nell’ambito della mostra «Oltre il Muro. Tutto il teatro in un manifesto. Polonia 1989- 2009» a cura di Sergio Maifredi e Corrado d’Elia in corso fino al 30 agosto.
Un’occasione davvero da non perdere. In Polonia il film (candidato all’Oscar come miglior film straniero fuori concorso al 58º Festival di Berlino 2008) è stato visto da 3.600.000 spettatori, da pochissimi in Italia ed è stato boicottato per evidenti motivi politici anche in Russia.
Troppo imbarazzante la strage di prigionieri catturati nel settembre 1939 durante la guerra nazi-sovietica contro la Polonia e trucidati per ordine di Stalin. Ancor più imbarazzante perché il film induce gli spettatori ad immedesimarsi in mogli, figli, fratelli, nipoti, madri, tutti polacchi che attesero, spesso per anni, notizie dei propri cari che invece avevano trovato la morte nella foresta di Katyn, uccisi barbaramente e ammucchiati in fosse comuni. Imbarazzante, infine, perché testimonia la disillusione di un popolo che, dopo le violente dittature e il dominio prima dei tedeschi poi dei russi, smise di credere nella propria libertà e scelse di accettare, di tacere, di mentire pur di sopravvivere.


Al film e alla mostra si ricollega la grande installazione di Danièle Sulewic, piccole celle in cui sono inserite teste di manichini e bambole, «teste seriali da svendita» come lo furono le migliaia di giovani ufficiali uccisi dai russi.

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