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La storia sotto assedio

La storia sotto assedio

Per affrontare l’argomento dell’assedio nel medioevo Marco Meschini sceglie un percorso legato esclusivamente alla Palestina e all’esperienza delle crociate. Si tratta di cinque episodi occorsi in meno di cent’anni, tra la fine dell’XI e quella del XII secolo, in una terra nella quale la guerra fu soprattutto conquista, e difesa, di città fortificate e di piazzaforti. Tanto che il simbolo stesso, l’obiettivo primo di tutto il movimento crociato, fu la liberazione, o la conquista, di Gerusalemme, la Città Santa per eccellenza.
Sulla via di Gerusalemme i crociati incontrarono, e presero, Antiochia che cadde nelle loro mani nel giugno del 1098, dopo un assedio durato l’autunno, l’inverno e la primavera. Molto più breve fu la difesa opposta da Gerusalemme l’anno successivo. I crociati ci misero poco più d’un mese ad entrare in possesso della città. Dopo di che si macchiarono di uno di quei crimini che per la nostra mentalità risultano inconcepibili: fecero strage della popolazione. Uccisero uomini, donne e bambini, senza curarsi della loro capacità di difendersi, del fatto che avessero partecipato o meno alla difesa della città e neppure della loro religione. Infatti non tutti gli abitanti di Gerusalemme erano musulmani, molti erano gli ebrei e numerosi anche i cristiani.
Meschini ricorda che la tradizione vuole che il massacro fosse così cruento da far sì che il sangue delle vittime arrivasse alle caviglie dei carnefici. Come sempre qualcuno si salvò. Pagando un riscatto, come era d’uso nelle guerre europee, o promettendo di farlo quanto prima. Non servì a nulla. Tre giorni dopo la presa della città i crociati, temendo che i musulmani ancora in vita potessero rappresentare un pericolo in caso di contrattacco nemico, si liberarono di tutti i superstiti, di solito tagliando loro la testa. Soli a sopravvivere di tutta la popolazione di Gerusalemme furono quanti erano riusciti a rifugiarsi nella cittadella e a contrattare la resa con Raimondo di Tolosa. Questi riuscì a far valere il proprio peso politico e a far scortare fino ad Ascalona i prigionieri che gli si erano consegnati. Non altrettanto fu capace di fare Tancredi, al quale si erano affidati trecento musulmani di ambo i sessi rifugiati sul tetto della moschea di al-Aqsa. Nonostante le sue assicurazioni e i suoi sforzi furono massacrati senza pietà.
Una pagina tremenda della storia delle crociate, e anche della guerra medievale. Ma niente affatto isolata. Qualche anno dopo, nel 1191, fu Riccardo Cuor di Leone a far massacrare i forse duemila prigionieri che aveva catturato ad Acri e che Saladino avrebbe dovuto riscattare. Lo fece indispettito per il ritardo nelle trattative e desideroso di liberarsi dell’ingombro che gli ostaggi rappresentavano nel suo movimento alla volta di Gerusalemme, perduta dai crociati nel 1187, e che lui era venuto in Terra Santa per riconquistare. Ma uccidere i prigionieri non era una pratica diretta solo verso gli infedeli. Episodi simili erano occorsi anche durante le guerre fra cristiani, quando la loro sorveglianza si era rivelata difficile o la loro liberazione era apparsa imminente e inevitabile in altro modo.
L’orrore per il trattamento riservato agli sconfitti domina Assedi medievali. Meschini racconta con precisione gli eventi di Palestina, ma si preoccupa anche di ricercare testi e fonti diverse che diano ragione di quella che a noi appare una ferocia inaudita. La guerra d’assedio si presenta così in tutta la sua crudeltà, anche ideologica, nella tragedia di chi spesso non ha via di scampo se non in una difesa all’ultimo sangue e nella capacità di dimostrare un valore tale da indurre l’assediante alla trattativa.
E lì si scopre il senso politico della guerra, che il saggio Saladino conduce rispettando i patti e senza ferocia manifesta. Ma lo fa per studio, avverte l’autore: ha infatti maturato una sapienza della guerra superiore a quella dei cristiani che ha di fronte.

Ha capito che l’importante non è sconfiggere il nemico a costo di immensi sacrifici, ma convincerlo che gli conviene cedere senza combattere.

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