Storia

"Razzista e colonialista": i giovani britannici scaricano Churchill

Churchill è sempre meno popolare tra i giovani britannici. Lo rivela un sondaggio di un think tank conservatore. La causa? La lettura moralistica del passato

"Razzista e colonialista": i giovani britannici scaricano Churchill

Winston Churchill? Razzista, colonialista, imperialista. Così lo bollano buona parte dei giovani britannici di oggi. Durante l'ora più buia del Regno Unito che combatteva la Germania nazista, Winston Churchill era un faro di speranza. Da allora, tuttavia, la sua reputazione è svanita. I più giovani cittadini del Paese considerano il leader del tempo di guerra e famoso oratore come poco più di un razzista coloniale le cui politiche hanno esacerbato la carestia del Bengala del 1943 in cui morirono circa tre milioni di indiani.

A rilevarlo un sondaggio commissionato dal think tank di centro-destra Policy Exchange che ha segnalato come solo un quinto dei giovani del Regno veda positivamente l'operato del vincitore della Seconda guerra mondiale. Le persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni hanno un terzo in meno di probabilità rispetto agli over 65 di dire di ammirare Churchill, mentre solo il 36% del pubblico in generale ha riferito di pensare bene di lui. Il sondaggio, che è stato condotto tra un campione rappresentativo a livello nazionale di 1.260 cittadini all'inizio di questo mese da parte del noto centro studi vicino al Partito Conservatore.

"È un'inversione di tendenza clamorosa, se si pensa che vent' anni fa un sondaggio della Bbc aveva visto Churchill votato come il più grande britannico di tutti i tempi, addirittura al di sopra di William Shakespeare", nota il cronista del Corriere della Sera Luigi Ippolito. Churchill è da tempo uno dei bersagli preferiti della mobilitazione woke e di Sinistra radicale che ta 2020 e 2021 è emersa in particolar modo per la tendenza a dare l'assalto alle statue. Winston Churchill, il primo ministro britannico che per molti “era solamente un razzista” è diventato il più noto dei bersagli della cancel culture assieme a Cristoforo Colombo e a nel settembre 2020 le immagini del vandalismo subito dalla statua dell’ex primo ministro di fronte al Parlamento inglese hanno aperto a molti gli occhi sulla deviazione delle proteste verso l’iconoclastia.

Molti storici inglesi, primo fra tutti Nial Ferguson, da tempo provano a compiere l'impresa di storicizzare la partita globale dell'Impero britannico senza scadere in giudizi semplicistici di valore. Ma Jeremy Black, docente all'università di Exeter, ha detto di sospettare che i risultati del sondaggio mostrano "il malaugurato impatto della cattiva storia" insegnata ai giovani britannici, che dà più priorità a esprimere un giudizio di valore piuttosto che a storicizzare gli avvenimenti.

L'assalto della sinistra a Churchill

Secondo Tariq Ali, collaboratore di lunga data del Guardian e redattore della New Left Review, a lungo il Regno Unito avrebbe coltivato un'eccessiva ammirazione per Churchill, che paragona a un culto della personalità, che non sarebbe il risultato della sua leadership in tempo di guerra nel 1940, ma è stata deliberatamente coltivata, in Gran Bretagna e nel più ampio mondo di lingua inglese, dai suoi successori Conservatori sulla scia della guerra delle Falkland del 1982. Per Ali, giornalista e regista formatosi a Oxford e figura di spicco della sinistra internazionale, il culto riflette una nostalgia per l'impero. Ora, sostiene nel suo libro Winston Churchill - His Times, His Crimes, è praticamente incontestato con il sostegno di "tutti e tre i partiti politici [del Regno Unito] e dei grandi sindacati".

Ali propone un revisionismo storico che è molto accettato nel mondo letterario britannico e, secondo The Conversation, mira a "decostruire il mito di Churchill" puntando sul tema della sua retorica imperialista e della sua visione razzista, imputandogli direttamente la Grande carestia del Bengala e la brutale repressione della resistenza greca ai nazisti, in gran parte comunista. Stalin e Churchill avevano concordato che la Grecia dovesse rimanere all'interno della sfera di influenza occidentale dopo la seconda guerra mondiale, ma questa decisione portò allaguerra civile greca, che infuriò dal 1944-49 e costò oltre mezzo milione di vite.

Ma questa lettura moralistica non permette di capire quanto Winston Churchill sia da leggere come figlio del suo tempo. Esponente, durante la sua carriera, dei due partiti che hanno fatto l'Impero, i Liberali e i Conservatori, ne fu indubbiamente un alfiere. Sulla cresta dell'onda per mezzo secolo, compì errori spesso macroscopici di valutazione: pensiamo, per fare un esempio, alla decisione di procedere con lo sbarco di Gallipoli nel 1915 durante la Grande Guerra. Ma questo riduzionismo che appiattisce le decisioni di un sistema politico democratico su un solo uomo e trae giudizi morali non è storia, ma partigianeria politica. Il fatto che una generazione britannica intera, in una fase in cui il Paese avrebbe bisogno di simboli, ne sia stata affascinata dà l'idea del problema educativo insito nel sommare moralismo ed educazione.

Un vulnus di sistema che troppo spesso si ha la tentazione di importare dal mondo anglosassone all'Europa continentale.

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