Storia d'assalto

Chi era il genovese incubo dei turchi

Soldato di ventura, ammiraglio, politico, in sponda tra Spagna e Francia ma sempre nemico dei turchi: la storia di Andrea Doria, l'uomo che fece grande Genova

Il flagello genovese dei Turchi: chi era Andrea Doria

Andrea Doria fu uno degli ultimi soldati totali che l'era dell'Italia preunitaria, nella fase selvaggia e convulsa a passaggio tra Medioevo e Età Moderna, conobbe. Uomo d'armi passato in età relativamente tarda al mare, poi eccellente ammiraglio, nemico prima e alleato poi dell'Impero di Carlo V, in un rapporto inverso con Francesco I di Francia, incubo dei Turchi e dei corsari barbareschi, signore di Genova: Doria ha avuto la vita dei grandi uomini d'arme divenuti statisti.

Attento centellinatore delle proprie forze, servì fino in fondo solo due cause: la sua, in primis, e in secondo luogo quella della Repubblica di Genova che divenne perno commerciale, politico e finanziario nel Mediterraneo mentre i grandi Stati nazionali si affermavano, l'Italia era teatro di guerre fratricide e lo stesso Grande Mare perdeva in importanza dopo la scoperta delle rotte oceaniche.

Tra prestigio, battaglie e congiure Andrea Doria, nato a Oneglia nel 1466 e morto quasi centenario a Genova nel 1560, fu un vero principe del Rinascimento. In una fase in cui, come ha ricordato Edoardo Grendi, "l'asse Genova-Milano appariva come il centro strategico decisivo della rivalità franco-asburgica incentrata sulla penisola" la Superba, al contrario di Milano, seppe sfruttare la proiezione marittima per giocare le sue carte politiche. Mentre si accentuava "la crisi della società rinascimentale e nondimeno persiste vaper tutto il secolo ed oltre una certa vitalità economica che si associava a innegabili spinte neo-feudali legate a una già precedente affermazione dello stato territoriale e del principato", Genova andò in controtendenza.

Se Niccolò Machiavelli fosse vissuto per seguirne le imprese sicuramente non avrebbe avuto dubbi a dedicare Il Principe al capitano di ventura divenuto signore politico. Dopo una lunga carriera di soldato di ventura, a servizio dei Montefeltro, degli Aragonesi e di Giovanni della Rovere, signore di Senigallia, nipote di Sisto IV e fratello del futuro papa Giulio II, nel 1503 comandò finalmente le truppe della sua città reprimendo una rivolta in Corsica. Undici anni dopo, durante la calata italiana di Luigi XI di Francia conclusasi con l'occupazione di Genova Andrea Doria sfruttò lo choc del disastro transalpino contro gli svizzeri nella battaglia di Novara per espugnare la roccaforte di Luigi, la fortezza della Briglia, insediando Ottaviano Fregoso contro nuovo doge.

Fu l'inizio della seconda, intensa fase della vita di un uomo figlio di una storica famiglia ma che si consacrò tardi come comandante. Ma seppe unire fiuto e capacità politica. Sconfisse i corsari barbareschi nel 1519 al largo di Pianosa e salvò la flotta genovese dalla calata delle truppe imperiali di Carlo V che destituirono i Fregoso dal dogato tre anni dopo. Poi si alleò con il nuovo sovrano di Parigi, Francesco I, animando la Lega di Cambrai contro Carlo V, difendendo via mare Marsiglia, e facendo sponda contro il comandate di terra Giovanni delle Bande Nere per evitare di fare delle guerre d'Italia un affare straniero. Guidò nel mondo navale il cugino Filippo Doria, che nel 1528 sconfisse gli spagnoli a Napoli. Colto il vento che mutava, si fece protettore di Roma dopo il sacco del 1527, non evitando però di trescare con Carlo. Proprio a fine 1528 Doria passò dal sostegno alla Francia a quello alla Spagna. Difese, in quell'ottica, l'indipendenza della Superba impadronendosi del potere nello stesso anno e permettendogli di sopravvivere fino all'era napoleonica.

"Ispanizzandosi" Doria portò con sé al servizio di Carlo V un capitale militare che da luogotenente di fatto di Francesco nel Mediterraneo lo aveva reso stimato e temuto e un'esperienza nella lotta ai barbareschi e ai loro protettori dell'Impero turco degli Ottomani che tornava utile per il sovrano di Spagna e Austria, reduce del trauma dell'assedio di Vienna. Grendi ricorda che negli anni l’ammiraglio era riuscito ad accrescere il proprio capitale politico, "a nutrirlo efficacemente con una politica prudente e con qualche successo di larga risonanza in un ambiente traumatizzato dall’offensiva saracena e turca e mortificato nei ricorrenti propositi di crociata". Gli accordi siglati nel 1528 con Carlo V "testimoniano la continuità di questo speciale interesse. Non si chiede soltanto un accrescimento dello stipendio e una regolarità nei pagamenti" all'esercito di mare della Superba messo al servizio del re-imperatore, si chiede anche che essi vengano "anticipati di bimestre in bimestre", stabilendo anche "il riconoscimento di franchigia per eventuali operazioni contro privati compiute durante le operazioni militari, cioè un placet imperiale per la guerra di corsa".

Di tale placet Doria fece ampio uso contro i Turchi che imperversavano nel Mediterraneo. Nel 1532 compì un'incursione nel Mar Egeo, avvicinandosi ai Dardanelli; in seguito, colpì navi nemiche nel Canale di Corinto. E si confrontò direttamente con i due più celebri corsari al soldo di Istanbul, Barbarossa e Dragut. Contro Barbarossa, signore di Tunisi e Algeri, Carlo V condusse un'ampia spedizione in Africa nel 1535. Questa portò alla caduta di Tunisi col contributo di Doria, ma fu seguita da un'ampia incursione nelle Baleari dei turco-berberi e da una non conclusiva battaglia alla Prevesa, presso Corinto, nel 1538. In quest'ultima fase Doria tutelò la sua flotta da eccessivi danni, ricevendo critiche in seno alla "Lega Santa" voluta da Papa Paolo III in cui Genova e la Spagna erano alleate a Venezia e Cavalieri di Malta. Un atteggiamento più spavaldo avrebbe forse dato alla cristianità una prima Lepanto oltre trent'anni in anticipo rispetto al trionfo del 1571.

Dragut, in cui pare Andrea Doria vedesse il suo spirito indomito di giovane soldato di ventura, fu catturato nel 1540 da Giannettino Doria. Messo ai remi delle galee genovesi ma ammirato per il suo carattere da Doria stesso, Dragut fu liberato nel 1544 dopo un accordo tra Genova e il Barbarossa che pare comprendesse l'accesso alle acque tunisine dei pescatori liguri della famiglia dei Lomellini, stabiliti a Tabarca. L'inclemenza della guerra fece si che Dragut rispondesse all'avvenuta liberazione compiendo incursioni vicino a Genova, a Rapallo e alle Cinque Terre.

Doria finì la sua carriera come l'aveva iniziata per Genova: sedando tra il 1553 e il 1555 la rivolta di Sampiero da Bastelica in Corsica fomentata dalla "empia alleanza" tra Costantinopoli e Parigi. Morì nel 1560 da riverito uomo di Stato. Non aveva avuto eredi diretti, adottando quasi come figli propri i suoi nipoti, ma dietro di sé aveva costruito uno Stato solido e coeso, la cui eredità in termini di coerenza territoriale, economica, finanziaria si nota ancora oggi guardando all'omogeneità del territorio ligure. Alla memoria di Doria, ben sette navi di assoluto valore sono state intitolate: la più nota è il celebre transatlantico varato nel 1951 e affondato tragicamente nel 1956 nell'Oceano Atlantico.

La Marina Militare Italiana ha avuto ben quattro Andrea Doria: una corazzata varata nel 1885 e in servizio fino al 1911; un'altra corazzata veterana di due guerre mondiali appartenente alla classe Caio Duilio, varata nel 1913, rimodernata tra il 1937-1940 e che prestò servizio fino al 1956, dai cui cannoni fu ricavato il materiale del fonte battesimale del Tempio della fraternità a Cella di Varzi presso Pavia; un incrociatore lanciamissili in servizio dal 1963 al 1992 e, da ultimo, l'Andrea Doria oggi in servizio nella Marina Militare, fregata della Classe Orizzonte operativa dal 2009. Due anche le navi della United States Navy: il brigantino Andrew Doria in servizio contro gli inglesi nella guerra d'Indipendenza e una nave cisterna italiana costruita nel 1908 e catturata dagli statunitensi nel 1941 per esser utilizzata tra il 1944 e il 1948, intitolata proprio al grande ammiraglio genovese.

Eroe dei due mondi dopo la sua morte e associato alla grande epopea dei navigatori di guerra.

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