Storia d'assalto

La Cia, gli 007 ucraini e quel parallelo con Berlino Est: così hanno spiato Mosca

Un'operazione di spionaggio recentemente condotta dagli ucraini e finanziata dalla Cia ci riporta sottoterra come ai tempi dei tunnel di Berlino dove si spiavano i russi "oltre cortina"

La Cia, gli 007 ucraini e quel parallelo con Berlino Est: così hanno spiato Mosca

La Guerra Fredda non è mai terminata. Lo ripetiamo spesso. Sono cambiati i tempi, le tecnologie e le linee rosse entro cui operare e da non oltrepassare. Si sono spostate "oltre la vecchia cortina", come si diceva un tempo: ma le operazioni di spionaggio e intelligence per acquisire informazioni sull'avversario teorico e conoscere le sue mosse, intercettando le comunicazioni per prevenire o reagire, e disegnare nuove strategie mirate a mantenere in equilibrio lo status quo attraverso l'arte della diplomazia, non si sono mia interrotte. A darne conferma è l'Operazione Goldfish, o Operazione Pescerosso, condotta in Ucraina. Un'operazione che per certi versi ci ricorda la vecchia Operazione Gold. Non nei mezzi, certo, né negli "spazi" o nei tempi. Solo nell'obiettivo finale: spiare i russi nel punto di contatto e confine scavando sotto la terra.

Nelle scorse settimane è stato reso noto al mondo come il confine tra Federazione Russa e Ucraina fosse costellato di basi segrete sotterranee, fornite di mezzi e addestramento ricevuto dalla Cia, dove operavano un numero compreso tra gli 80 e gli 800 agenti d'intelligence ucraina del servizio informazioni militari Hur del generale ucraino Sergey Dvoretskiy. Il New York Times, veicolo stampa di questa importante rivelazione, ha parlato di stretti sentieri che conducevano attraverso in fitte foreste in piccoli bunker scavati qualche metro sottoterra per accogliere centri operazioni dove per quasi un decennio le apparecchiature per le telecomunicazione e per le intercettazioni delle stesse, immagazzinata da potenti server informatici, venivano impiegate per ascoltare prima, spiare e hackerare poi (una volta iniziata la vera "guerra") le reti di comunicazione criptate dell’Esercito russo. Che considerandole erroneamente "sicura" la sua rete di comunicazione ha concesso al nemico informazioni preziose e spesso anche letali per i suoi comandanti.

L'Operazione Goldfish, di cui la Cia ha sempre supervisionato il programma di formazione delle spie ucraine che ne avrebbero preso parte, è iniziata nel 2016 e deve il suo nome a una storia che ha come protagonista un "pesce rosso di lingua russa che offre desideri a due estoni in cambio della sua libertà". Secondo le fonti, in parte protette dall'anonimato, gli ucraini furono addestrati dalle spie americane non solo per "ascoltare" e "intercettare le comunicazioni" attraverso i satelliti spia nell'orbita bassa notturna, ma anche per "reclutare" informatori e per rubare altre e ulteriori informazioni a russi poco leali con Mosca.

"Questa è la "cosa" che penetra nei satelliti e decodifica le conversazioni segrete" avrebbe detto il generale Dvoretskiy al giornalista del Times che ha avuto l'onore di visitare di una di queste basi; poi gli ha mostrato una grande carta geografica dove era evidenziata la rotta di un satellite spia russo che aveva sorvolando "installazioni militari strategiche" negli Stati Uniti orientali e centrali. Nulla che la Cia non sapesse già, probabilmente, ma la volontà e la facoltà di ascoltare le comunicazioni russe "al confine" tra la Nato e l'Europa dell'est è questione di ben altra rilevanza. Per gli americani come per gli ucraini. Senza dimenticare mai gli inglesi, che non a caso erano parte integrante anche dell'Operazione Gold: il tunnel scavato sotto Berlino per consentire alle potenze dell'Ovest di "ascoltare e spiare" le potenze dell'Est.

Come ai vecchi tempi

Nota anche come “Stopwatch” per l’MI6 britannico, che ha avuto un ruolo anche nelle attuali operazioni di fiancheggiamento a livello d’intelligence per sostenere Kiev, Gold era un'operazione congiunta condotta dalla Cia negli anni '50 per intercettare le comunicazioni scambiate su rete fissa che partivano o erano destinate al quartier generale dell'Esercito sovietico di Berlino, alla Stasi, l'organizzazione di sicurezza e spionaggio della Germania est, e al Gru. Per renderlo possibile, americani e inglesi utilizzarono un “tunnel” scavato nella zona di occupazione posta sotto la giurisdizione sovietica, proprio dove si trovava un "snodo telefonico" cruciale.

Attivata nel 1954 con nel timore che i sovietici stessero pianificando un un attacco nucleare dopo aver testato con successo la loro bomba all'idrogeno, l'intera operazione verteva sull'ascoltare in gran segreto le conversazioni telefoniche dei vertici dell'Armata rossa per conoscere i piani militari di Mosca. La Cia e il Sis registrarono in questo modo 90.000 comunicazioni telefoniche senza sapere che una spia doppiogiochista, l'olandese George Blake, arruolato del MI6 britannico ma al servizio del Kgb sovietico, aveva rivelato al Cremlino l'esistenza del tunnel e il suo scopo fin dall'inizio dell'operazione.

Come accade spesso nelle vicende di spionaggio, i sovietici attesero due anni prima di "scoprire" il tunnel che basato su quello costruito a Vienna per l'Operazione Argento. La versione ufficiale si basò sulla ferma volontà di proteggere la talpa che nei servizi inglesi, non per "cedere" allo spionaggio avversario informazioni compromesse o fuorvianti in modo da trarre il massimo vantaggio dall'operazione nemica. Questo almeno secondo la Cia, che nel 2019 ha desecretato gran parte della documentazione relativa a questo dossier.

"Non sono noti tentativi di fornire disinformazione alla Cia", hanno sempre dichiarato gli americani; mentre l'intelligence inglese, che aveva fornito le apparecchiature per intercettazioni telefoniche e per la registrazione delle comunicazioni ha sempre "sospettato" il contrario.

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