Storia

Quei resti dei soldati italiani dispersi in Russia: la campagna per riportarli a casa

Memorie dal sottosuolo: vicino a Millerovo sono stati ritrovati i resti di sei soldati italiani caduti durante la Seconda guerra mondiale. Ora potranno tornare finalmente in patria

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I resti erano lì da 80 anni. Coperti di terra, neve e ghiaccio. Dimenticati da tutti. Ossa senza un nome. Le loro divise erano ormai scomparse, inghiottite dal tempo che logora tutto. Eppure quei corpi consumati c'erano ancora e appartenevano a sei soldati italiani caduti in Russia non lontano dalla città di Rostov, nei pressi dell’aerodromo di Millerovo, da cui partivano gli aerei tedeschi per il fronte di Stalingrado, l’attuale Volgogrado.

La loro storia risale alla fine del 1942, quando le forze dell'Asse sono costrette a ritirarsi disordinatamente di fronte all'Armata rossa. Sono scontri furiosi, che non risparmiano nessuno. L'operazione Barbarossa, ovvero il tentativo da parte di Adolf Hitler di conquistare l’Unione sovietica, è ormai finita ma il führer è convinto che si possa sfondare a Sud, fino al Caucaso, per impossessarsi poi del petrolio di Baku. L'Asse schiera quindi oltre un milione e mezzo di uomini e 2500 carri armati per conquistare Stalingrado. Questa battaglia risulterà decisiva e costituirà uno spartiacque per l’intera Seconda guerra mondiale, un prima e un dopo. Il terzo Reich passa dalla fase offensiva a quella difensiva. Dopo aver perso l’Ucraina, la Bielorussia e la Crimea, Iosif Stalin emana il famoso decreto "Non un passo indietro". La cruentissima battaglia dura sette mesi. Si combatte casa per casa, piano per piano, stanza per stanza. In un freddo glaciale. I soldati dell'Asse cedono nel febbraio 1943 e i sovietici fanno oltre 90mila prigionieri.

Aerodromo di Millerovo
Gli artiglieri italiani si trovavano su una altura che sovrastava l’aerodromo militare di Millerovo (nella foto) e avevano il compito di proteggerlo

Questa è la Storia. La "grande storia" che si studia sui libri, dove non c'è spazio per i volti delle persone che l'hanno davvero fatta, se non quelli dei leader e dei generali più importanti. È quella che tutti (o quasi) conoscono. Ma c'è anche la piccola storia, che racconta di persone che non ci sono più e che pure, a volte anche solo per un istante, si sono trovate a vivere eventi epocali. Come i sei soldati italiani caduti e finalmente ritrovati nei pressi di Millerovo nel 2021 (ma la loro storia è stata raccontata solo oggi dalla Rossijskaja Gazeta) grazie alla fondazione Nasledie di Viktor Vasilevskij e all’editore italiano Sandro Teti. I due sono accomunati dalla collaborazione con la Società di storia militare russa e la ricerca è partita dopo che Vasilevskij ha comunicato a Teti che un anziano che abitava vicino a Millerovo gli aveva raccontato che, da bambino, nella notte di Natale del 1942, aveva visto seppellire 16 corpi di artiglieri italiani addetti alla contraerea che proteggeva l'aeroporto militare di Millerovo. Vasilevskij e Teti hanno deciso di dividersi i compiti: in Russia riesumare i corpi e, in Italia, cercare tutte le informazioni possibili sui resti dei nostri compatrioti al fine di identificarli, dare loro una degna sepoltura e organizzare un'iniziativa sulla loro sorte e su quella delle centinaia di migliaia di dispersi e reduci del Csir e dell’Armir.

Archeologi, storici e volontari - riporta la Rossijskaja Gazeta - si sono messi all'opera per cercare i resti dei soldati italiani, che sono stati così trovati in numero di sei (e non di 16 come descritto dal testimone oculare, allora bambino di otto anni). Purtroppo però non sono stati trovati i numeri di matricola di riconoscimento dei caduti. La fondazione Nasledie che, con l'esposizione permanente sulla battaglia di Stalingrado ha realizzato il più grande museo storico-militare privato della Federazione russa, si è subito dichiarata pronta a finanziare ulteriori indagini per identificare i sei soldati italiani.

I resti dei soldati italiani conservati nella chiesa cattolica di Volgogrado
In una sorta di cassapanca sono custoditi i resti dei nostri soldati, presso una chiesa cattolica di Volgogrado

Ma non solo: Vasilevskij ha provveduto a fare benedire i resti dei caduti italiani presso la chiesa cattolica di Volgogrado e a consegnare tutta la documentazione (foto e video) di quanto ritrovato all'addetto per la Difesa dell'ambasciata d'Italia a Mosca, il generale Roberto Vannacci, già comandante del 9° Reggimento d’Assalto Col Moschin e comandante della Brigata paracadutisti Folgore, che ha confermato l'attendibilità delle informazioni ricevute e che si è detto pronto a raggiungere la regione di Volgogrado per poter vedere di persona i resti dei caduti italiani.

Sandro Teti e il generale Vannacci
Un pulso notevole alle ricerche è stato dato dal generale Vannacci (nella foto a Mosca in ambasciata con l’editore Teti), addetto militare dell’ambasciata d’Italia a Mosca fino al 2022

Il generale Vannacci e il nostro ambasciatore a Mosca, Giorgio Starace, erano stati precedentemente informati del ritrovamento da Teti che si è messo in seguito in contatto con il capo dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito italiano, il colonnello Fabrizio Giardini, e, in particolare, con il direttore dell'Archivio dell'Ufficio storico dello Stato maggiore dell'Esercito italiano, il tenente colonnello Emilio Tirone che sta fattivamente contribuendo all'identificazione dei nostri soldati, a cominciare dalla loro appartenenza a una unità contraerea distaccata per la protezione del sito di Millerovo.

Ora, grazie anche al lavoro del Commissariato generale per le onoranze ai caduti, si sta cercando di fornire una lista di possibili nomi per identificare le salme. Un lavoro non facile (i piastrini, come detto, sono infatti scomparsi) che sta vedendo l'importante contributo del Laboratorio di ricostruzione antropologica M.M. Gerasimov presso il Centro di antropologia fisica dell'Istituto di Etnologia e Antropologia dell'Accademia delle scienze russa, finanziata per questa iniziativa della fondazione Nasledie. L'obiettivo è quello di ricostruire, tramite il celebre metodo Gerasimov, il volto dei caduti e di questo si è occupata un'equipe di studiosi italo-russa guidata dalla prof. Elisaveta Veselovskaya, coordinata dalla prof. Stefania Zini, e composta da antropologi, storici e biologi (i professori Nikita Khokhlov, Ekaterina Prosikova, Yulia Pelenitsina, Anna Rasskasova e Olga Alekhina), che hanno realizzato la ricostruzione grafica e in formato 3D dei teschi e delle sembianze dei soldati italiani. I ritratti ottenuti permetteranno di dare loro prima un'identità e poi una degna sepoltura. Come spiega Teti: "Il nostro obiettivo è identificare i resti dei soldati italiani ritrovati. Se li trasferissimo alle autorità militari italiane senza dare loro un nome, essi andrebbero a riposare in una tomba comune dedicata al milite ignoto".

Ma questi caduti, come tutti i caduti di ogni guerra, meritano di più. Uno dei passaggi più toccanti dei racconti di Giovannino Guareschi riguarda la campagna di Russia. I fatti sono noti: prima di partire per l'Unione sovietica, il Brusco, uno dei compagni di Peppone, promette alla madre di accendere un cero sulla tomba del fratello caduto in guerra. Chiede a don Camillo di accompagnarlo ma, una volta arrivati al presunto cimitero, i due si trovano davanti a un campo di grano. Il Brusco fa l'unica cosa che sa fare: si arrabbia. "Ma perché hanno fatto questo? Hanno diciotto milioni di chilometri quadrati di terra, e proprio di questo pezzettino qui avevano bisogno per seminarci il grano?". La risposta di Don Camillo è pronta: "Compagno, chi ha avuto venti milioni di caduti in guerra non può preoccuparsi dei 50 o 100mila morti che il nemico gli ha lasciato in casa". Al che il Brusco replica: "Ma questo non posso mica andarglielo a raccontare a mia madre!". Ma Don Camillo: "E non dirglielo... lascia che pensi alla croce di legno della fotografia. Dille che hai acceso il lumino sulla tomba di tuo fratello. E seminando il grano di questa spiga, sarà un po' come tenessi in vita lui".

Il ritrovamento dei sei soldati italiani caduti in Russia 5
Viktor Vasilevskij, il presidente della fondazione Nasledie di Volgogrado e creatore del museo della battaglia di Stalingrado

In questi tempi bui nei rapporti tra Italia e Russia, un'azione come questa, che ha lo scopo di dare degna sepoltura a dei caduti in guerra, rappresenta proprio questo: il tentativo di seminare del grano che porta una speranza.

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