Storie di siciliani che a Genova trovarono l’America

Storie di siciliani che a Genova trovarono l’America

Beppe Accarpio, primario di Chirurgia a La Spezia e Genova, classe 1938, nato a Bengasi in Libia, originario di Noto (Siracusa), ha pubblicato due romanzi-verità: «Siciliani brava gente» e «Genovesi d'adozione» (Nuova Editrice Genovese).
In «Genovesi d'adozione» l'inizio è con due bambini, Corrado e Salvatore, che a luglio '43 giocano in strada a Noto, mentre i padri erano su fronti di guerra diversi e nel golfo siciliano erano appena sbarcati gli americani.
Inizia anche con la storia d'amore tra Carmela, una sedicenne del luogo, il cui padre Sebastiano era infermiere sul fronte russo, e un soldato americano Johnny Gamboni di New York. Quando il reparto dell'americano si sposta, lui vorrebbe sposare la ragazza ma non hanno i documenti per tempo e ne sottoscrivono uno alla presenza del parroco. Tre mesi dopo lui muore, lei è incinta. Lui è stato uno dei «60mila anglo-americani che persero la vita da noi per liberare l'Italia dal fascismo, l'Europa dalle dittature e l'Italia stessa dall'asservimento a Stalin e al comunismo», parole dal libro.
Viene anche ricordato il detto scritto nella galleria di Piazza Palermo a Genova dopo la liberazione dai nazisti: «Gli Hockey se ne vanno, le oche resteranno, gli ochini nasceranno e gli oconi le sposeranno». Era da noi una società chiusa e a Noto, dove origina la storia, il clero locale si disinteressava della diffusa pratica del concubinato e dei figli, dati al brefotrofio, che, portando un diverso cognome, poi sposavano chi era dello stesso padre, e nascevano neonati spesso affetti da malattie genetiche.
La storia si sposta sul fronte russo dove Sebastiano, padre di Carmela, è con un compaesano di Noto, Carmelo, proveniente da Sampierdarena, addetto all'infermeria con il suo capitano. Questi, il dottor Sacco, scrisse il libro «È niente se si torna». Della Russia vengono ricordate le 55 tradotte per alpini che vi andarono, mentre solo 4 tornarono.
A fine guerra la storia si dipana tra Noto, dove rientra dal campo di prigionia in Algeria Pietro padre di Corrado, e Genova dove Corrado (il bimbo che nel '43 giocava in strada) verrà iscritto a medicina e dove nel '46 rientra Carmelo riprendendo il lavoro d'infermiere. La storia diventa un intrecciarsi di vite di emigranti «notinesi» nella Genova dove devono trovar lavoro, studiare, integrarsi.
La prima sorpresa arriva nel viaggio in treno di Corrado per Genova (30 ore) dove incontra una studentessa di Coimbra che gli racconta di Cristóbal Colón, il vero Cristoforo Colombo, un ebreo, esperto navigatore, nato a Cuba in Portogallo. È stato lui lo scopritore del Nuovo Mondo e a lui il re di Spagna affidò le tre caravelle, ma dovette sottoscrivere conversione al cattolicesimo. Esisteva presso il Comune di Genova un documento, il Codice 632, certificato di nascita di Colón, dove Cuba (vicino a Lisbona) figurava per sua città natale, ma fu fatto scomparire da un'associazione che teneva i rapporti tra Italia e America. Tutto ciò fu reso possibile dalla convenienza legata al potere temporale dei Papi: il 25 luglio 1492 muore Innocenzo VIII, sulla cui tomba un'epigrafe ricorda la scoperta del Nuovo Mondo, e gli succede Alessandro VI Borgia (padre di Cesare, il Valentino, e di Lucrezia). Ne scrisse Giambattista Spotorno: Origini e Patria del Colombo.
Nel libro di Beppe Accarpio l'amore per la parola scritta (nel precedente volume legata all'informazione dei giornali anglo-americani durante il fascismo quando tale lettura, come ascoltare Radio Londra, poteva costare sei mesi di carcere) diventa un più vasto interesse, legato a testi particolari. Una storia del libro racconta di un notese che a Bargagli viene a scoprire qualcosa di attinente la «banda dei vitelli», il tesoro dei tedeschi trafugato, il «mostro di Bargagli» (v. il libro con questo nome di Giorgio De Rienzo).
Un'altra storia, nel capitolo «Amore e morte nei vicoli», stigmatizza un giornalista che «sporca in morte» la figura di un notese, ucciso dal patrigno della ragazza con cui conviveva in vista del matrimonio. Il patrigno aveva abusato della giovane che con la convivenza gli si era sottratta, ma il giornalista scrive solo di «terroni, teste calde», ecc.
In questo libro l'amore per Genova, di cui gli emigranti da Noto diventano «figli d'adozione». È un tuffo nella storia con una sintesi originale del passato che ce lo fa scoprire con occhi nuovi: sia che scandagli le origini di Genova sia il fasto delle tombe a Staglieno. Qualche dubbio invece per i giudizi sulle figure carismatiche dei cardinali Siri e Schuster. È vero che molto non ci è stato raccontato, ma la storia si basa su documenti e testimonianze del tempo, verificate e d'encomio a questi cardinali. Il racconto dell'aiuto dato agli «assassini tedeschi» a scappare in Sudamerica (in bibliografia è citato «La fuga dei nazisti» di Andrea Casazza per Il Melangolo) si colora di fantapolitica.
Ciascuno si addentri da sé in queste vicende ricche d'umanità. A me piace ricordare - perché mi ha affascinato - anche «Siciliani brava gente», scritto tre anni prima e che ebbe «Speciale Menzione» all'elitario Premio Erice Anteka. Racconta la storia di Viscienzu (1883/51), figlio di mugnaio, orfano a 15 anni, che educa da padre il nipote Corrado (lo stesso nome di un figlio mortogli di spagnola) fino agli otto anni quando il genero «Ciccio» torna dal campo di prigionia in Algeria. Era andato in Libia a capo di un'officina militare, poi la moglie era rientrata a Noto, mentre lui non volendo disertare era stato preso prigioniero.
Il libro nasce perché nonno Vince diceva a Corrado: «e tu scrivi quello che ti ho raccontato... abbiamo la nostra dignità... ho il desiderio che possiate vivere facendo sempre del bene... nella nostra terra in passato civiltà rispettabili e nobili...».
Due episodi per presentare Vince. A New York dove emigra nel 1908 rifiuta di testimoniare a favore di un boss siciliano (suo datore di lavoro) e, per salvare la pelle, ritorna in Italia quando l'Ispettore Callagan per il coraggio lo vorrebbe nella Polizia.
A fine Prima guerra mondiale è reduce, con un arto congelato e una medaglia al valore, ma gli è stato pagato il biglietto per il rientro dal fronte veneto solo fino a Genova.

Senza soldi chiede il «foglio di via» per tornare a Noto, i poliziotti nicchiano e lui getta sui binari alla stazione Principe panche e di tutto. È presente un giornalista. Per timore di ciò che potrebbe scrivere lo accontentano e lui torna nella sua Noto «bianca di tufo, che al tramonto sembra un giardino di pietra color oro».

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