Le strada del Natale che abbiamo perso

«N copp'a la neve
pedate a fila a fila,
lupe e cristiane pe la via d'Ascise»
«Andare a l’Ascise» era, a Castropignano, il nome del pellegrinaggio al luogo dove fu ammansito il lupo. Suggestivo, Ascise evoca ascesi, come scrisse Dante quando ideò che Assisi dovesse avere invece Oriente come nome: v’era nato un sole. Ma l’Oriente è ancora fonte e simbolo di luce? E sono ancora nitidamente «a fila a fila» e non invece caos disumano, le orme che noi oggi, lupi spietati, lasciamo insanguinate nella neve?


Di questi tempi all’Ascise si incammina, anzi, si marcia per altri e ideologici motivi. E i lupi non si ammansiscono, caso mai si aizzano. Però i versi che ha voluto regalare ai lettori sono molto belli e toccante è l’atmosfera che evocano. Sembra quasi di vederli, lupi e «cristiani», mettersi in cammino nella neve, passo passo, per la via di Assisi. Illudiamoci, almeno oggi, che possa ancora essere così. Torna facile dire, caro Ciriese, che quelli che viviamo sono tempi brutti. Ma non erano rose e fiori - diversi sì, ma non rose e fiori - quelli dei molisani di Castropignano che in un passato che sentiamo remotissimo pellegrinavano ad Assisi. Ma a differenza del nostro, il loro era un mondo che non aveva fatto del cinismo, spocchiosetto e illuminista, la regola di vita. Un cinismo che si pretende di temperare con l’«impegno nel sociale», col pacifismo utopico, con il commercio equo&solidale, col turismo consapevole e lo sviluppo sostenibile. La chincaglieria dell’animo.
Abbiamo perduto - a dir la verità ce lo siamo voluto strappare furiosamente di dosso - il senso del trascendente nell’illusione che il razionalismo, che la dea Ragione potesse non solo colmare il vuoto, ma sovrabbondarlo. E così ci siamo preclusi la meraviglia, lo stupore, il mistero e la bellezza di tutto ciò che attiene alla sfera spirituale. Come quelle «pedate a fila a fila’n copp’a la neve» lungo la «via dell’Ascise», orme lasciate non per distinguere un «impegno», una testimonianza più o meno «forte», come oggi sarebbe di rigore.

Ma che rispondono solo ad un moto dell’anima, tant’è che come recita l’ultimo verso, «Passa la maiellese», il vento della Maiella, «e le scancella».
Un sereno Santo Natale, caro Cirese, e un sereno Santo Natale a voi, lettori carissimi.

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