Politica

Strage di Londra, in manette Magdy il chimico

E in Pakistan i servizi di sicurezza mettono le manette a 4 presunti fiancheggiatori degli attentatori

Luciano Gulli

nostro inviato a Londra

C’è qualcosa di strano, di poco convincente nella facilità e nella rapidità con cui il cerchio si sta stringendo intorno agli esecutori e agli aiutanti che hanno messo a segno la strage di giovedì scorso. Fino al giorno stesso degli attentati, Scotland Yard e la fin troppo celebrata intelligence di Sua Maestà non avevano la più pallida idea dell’esistenza dei quattro «bravi ragazzi» di Leeds, tutti casa, cricket, scuola e moschea. Ora tutto sembra rotolare con curiosa facilità, come in un gioco perverso di cui bastava indovinare la chiave.
Individuati i quattro «spalloni» che materialmente si sono fatti saltare in aria sui treni della tube, ecco finire nella rete anche il «chimico», l’uomo cioè che avrebbe materialmente confezionato gli ordigni utilizzati il 7 luglio. Magdy El Nashar, si chiama. Uno che si era specializzato in chimica proprio in Inghilterra, grazie a una borsa di studio regionale di 30 mila sterline. Il classico caso del cane che morde la mano al padrone.
Magdy El Nashar ha 33 anni, è egiziano, e si è fatto prendere come un allocco proprio al Cairo, nel sobborgo dove abitano i suoi familiari: nell’ultimo posto cioè dove un terrorista che si rispetti (anche se non sa niente delle Brigate rosse e non ha letto Le Carrè) avrebbe dovuto riparare. El Nashar, nel cui appartamento di Burley, a Leeds, era stata trovata una gran quantità di esplosivo, aveva lasciato l’Inghilterra tre giorni prima dell’attentato. Filandosela, è il caso di dire, all’inglese: regolarmente, con un volo di linea, senza dare minimamente nell’occhio. Sulle sue tracce, da ultimo, c’era anche l’Fbi, dopo che in un file del bureau il nome del ceffo era emerso come frequentatore di un corso universitario (i primi sei mesi del 2000) nella North Carolina.
All’appello, per dirla con le parole di sir Ian Blair, capo di Scotland Yard, mancano ancora alcune barbe pensanti: «Chi li ha incoraggiati, chi li ha formati, chi è il banchiere». L’artificiere, che faceva parte della lista dei «missing» citati da Blair, è stato espunto dopo la telefonata arrivata a Londra ieri mattina dai mastini (si fa per dire) dei servizi egiziani. Di questo passo, a dio piacendo, sapremo tutto entro la fine del mese.
Gli attentati di Londra sarebbero stati decisi in un summit tenutosi 16 mesi fa in Pakistan. Mentre lo sceneggiatore e il regista dell’attacco al cuore dell’Europa sarebbe un manutengolo che ha contatti diretti con i leader di Al Qaida ancora al largo. Il Pakistan degli imam radicali che formarono i talebani di Kabul, il Pakistan terra d’origine di tre dei quattro attentatori, il Pakistan dove sempre ieri quattro presunti fiancheggiatori degli attentati di Londra sono stati arrestati. Tutto riconduce a Islamabad e dintorni, dove Shehzad Tanweer, uno dei quattro «martiri» di Leeds si sarebbe incontrato con un uomo in seguito arrestato per un attentato a una chiesa di Islamabad e con militanti del gruppo radicale «Jaish e-Mohammed». E il summit? Dove si sarebbe tenuta la riunione dei capibastone di Al Qaida? Elementare, Watson, avrebbe detto Sherlock Holmes: in un villaggio del Waziristan, l’inaccessibile zona tribale dove da anni (nonostante le appassionate ricerche della Cia) si nascondono Bin Laden e il suo stato maggiore. E’ qui, secondo fonti dei servizi segreti inglesi, che la mente degli attentati un britannico di origine pakistana - sarebbe stato addestrato nei campi della «Spectre» islamica del miliardario saudita. Sbarcato in Gran Bretagna due settimane prima degli attentati, mister X avrebbe preso il largo (anche lui, come l’artificiere) la sera del 6 luglio, vigilia delle bombe. E qui viene il bello (con corredo di polemiche che già turbinano sulla stampa inglese). Perché l’uomo in questione era sulla «watchlist» dell’MI5. Ma si era deciso di non tenerlo sotto controllo perché sembrava un pesce piccolo dell’organizzazione; e insomma, si difendono a Scotland Yard arrossendo fino alle orecchie: non è che si possono tenere d’occhio tutti i sospetti. Peccato, però.
Nell’occhio del ciclone, prevedibilmente, finirà madame (dame è il titolo che le compete) Eliza Manningham-Buller, direttore generale di quel Joint Terrorism Assessment Centre, con base a Millbank, che già un mese prima degli attacchi aveva avuto la brillante idea di abbassare il livello d’allarme nel Paese: da «severe general» a «substantial». Un’indagine interna sulle balordaggini commesse dal servizio, fanno sapere da Downing street, è alle viste. Mentre i Tories insistono per una commissione d’inchiesta parlamentare.
Resta da dire dell’esplosivo usato negli attentati. Niente di militare.

Roba fatta in casa dal chimico «di fiducia», a base di perossido di acetone.

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