La strana bugia di Di Pietro: "Non conosco quest'uomo"

L'ex pm finge di non aver nulla a che fare con il fondatore del partito Mani pulite, Piero Rocchini. L'intervista all'ex leader

La strana bugia di Di Pietro: 
"Non conosco quest'uomo"

Nega spesso l’evidenza incurante di smentire se stesso. Ai tempi della Milano da bere era specializzato nel tradimento degli amici, poi s’è perfezionato nel rinnegare qualsiasi frequentazione scomoda per l’opinione pubblica: dalla cena con Contrada ai rapporti col provveditore Mautone (quello intercettato col figliol prodigo Cristiano) fino agli incontri con Antonio Saladino, l’indagato principe dell’inchiesta Why Not di Genchi e De Magistris. Tre casi, decine e decine di casi. Un Giuda degli affetti e della politica, Antonio Di Pietro.

Uno che s’è comportato alla solita maniera anche quando Piero Rocchini, un caro e vecchio amico psichiatra che per lui si sarebbe buttato nel fuoco e che insieme a lui inventò il «movimento politico Mani Pulite», ha avuto l’ardire di chiedergli spiegazioni in merito al cambio di strategia che Tonino fece al ritorno dal viaggio negli States: «Ebbi l’impressione che certi circoli americani gli avessero fatto intendere di preferire un Di Pietro dentro al sistema dei partiti anziché fuori. Era cambiato, non lo riconoscevo più».

Anche Tonino non l’ha più riconosciuto, a Rocchini. Quando? Una mattina di maggio dell’anno 2000. Di Pietro è convocato dalla difesa di Rocchini a testimoniare in un processo per diffamazione. C’è da chiarire i reali rapporti fra i due, posto che un imprenditore, Giorgio Panto, ha dato a Rocchini del millantatore. Rocchini conta sulla testimonianza di Tonino. Alle prime domande del pm e del presidente, Di Pietro risponde però come un teste dell’accusa: inizia a dire che il presidente del movimento lui lo conosce appena, che agiva per conto suo senza averne diritto, che ricordava vagamente d’averlo incontrato in un viaggio all’estero, che era uno dei tanti simpatizzanti del pool, che tutti gliene parlavano male perché era vicino ai fascisti di Ordine Nuovo, eccetera. Insomma, per dirla in dipietresco napoletano, lo fa una chiavica.

L’avvocato di Rocchini di fronte a quel disconoscimento non sa se ridere o piangere: «Ma scusa Antonio, non ti ricordi che Piero me lo hai presentato tu?». No, sì, forse. Balbetta. Quando capisce che in tribunale ci sono suoi scritti autografi, prove dei contatti «politici» e fotografie con l’amico carneade, il Molisano mette le mani avanti. E minimizza tutto, compresa quella foto che lo ritrae a casa sua (di Di Pietro) sdraiato sul petto di Piero Rocchini davanti a una bottiglia mezza vuota di vodka. Quel che segue è un ampio stralcio della sua deposizione shock. Giudicate voi.

Pm: «(...) allora, se può sinteticamente riferire dei suoi rapporti personali con Piero Rocchini, se c’era un rapporto connotato d’amicizia o da frequentazione, e i risvolti politici (...). Di Pietro: «Dal punto di vista personale beh... non è che non lo conosco, però non lo conoscevo prima dell’inchiesta. L’ho conosciuto durante la mia attività di magistrato credo in relazione a un convegno in Australia o in Spagna dove l’ho incontrato con la moglie (...)».

Dagli atti in possesso di Rocchini, visionati dal Giornale, Di Pietro non incontrò casualmente Rocchini in Australia perché fu proprio Rocchini a organizzare quel viaggio, gli incontri, le conferenze, gli spostamenti interni, vitto e alloggio inclusi. Rocchini accompagnò pure Di Pietro a Fiumicino.

Presidente: «Ci serve chiarire quali fossero i rapporti fra lei e Rocchini, in particolare del fatto che Rocchini avesse fondato un movimento denominato Mani pulite, lei quando lo è venuto a sapere?». Di Pietro: «Il fatto stesso che non ne abbia contezza piena le dice che io non ho fondato o co-fondato o autorizzato a fondare un movimento Mani pulite. A nome mio e ispirandosi alla mia persona tante persone hanno fondato in Italia tanti movimenti autonomi senza che io dicessi nulla. Anzi avevo preso la buona abitudine, per mantenere una differenziazione, che quando questi mi invitavano, a tutti dicevo. “Non posso venire mi dispiace”».

Anche a Rocchini il buon Di Pietro ha risposto così in occasione di svariati convegni, in giro per l’Italia, organizzati dal Movimento Mani pulite. Però se uno dà un’occhiata alle carte custodite da Rocchini scopre che i rapporti erano costanti. In un biglietto autografo, Tonino scrive: «Ciao, come potrei dimenticarmi di te, consigliere occulto!“. Oppure: «Caro Piero, interroga la tua campana di vetro oppure leggimi la mano: come andrà a finire? Ce la faremo?» Ogni riferimento alla discesa in campo di Tonino non è casuale.
Pm: «Le mostro questi fax. Se può ricordare in che contesto li ha spediti. Lei alle persone che le scrivono risponde dicendo: “Faccia riferimento al signor Rocchini”...». Di Pietro: «Ma no, era con riferimento a tutta questa attività non politica che stava facendo Rocchini...».

Non è così. Il Pm tira fuori un altro biglietto scritto da Di Pietro ad alcuni personaggi poi entrati fattivamente nell’Idv. Si legge: «Sarà bene che prendiate contatto con il dottor Rocchini». Di Pietro dice di non ricordare bene, poi aggiunge che saranno centinaia le lettere che riceveva ogni giorno (...). “Non me ne voglia Rocchini ma io avrò detto di prendere contatto con 200mila Rocchini, non ricordo». Allora il Pm tira fuori un altro fax di Di Pietro, ancora più esemplificativo della vicinanza fra i due: «Rispondo al fax del 6 novembre per assicurarle che io sto facendo tutto tranne che disinteressarmi del vostro movimento». L’avvocato lo incalza: «Questo vuol dire che lei si sta interessando molto a questo movimento», o no?.

Pm: «Ci è stato riferito di contrasti che a un certo punto sarebbero incorsi tra il movimento del presidente Rocchini e lei. Questi fatti le risultano?». Di Pietro: «Io non ho mai intrattenuto rapporti politici».
Non sembrerebbe così. Stando alle contestazioni documentate dell’avvocato di Rocchini, il 7 novembre 1995 Di Pietro scrive un organigramma politico, di suo pugno, con tanto di intestazione: «Movimento per i diritti civili». Lo schema del movimento è strutturato su sei linee («Programma: Veltri», «Organizzazione: io», «Stato giuridico: Stajano», «Struttura amministrativa», «l’analisi delle candidature: Cristina») e due sottolinee: «Controllo dell’immagine: Directa», «Movimento Mani pulite» appunto quello di Rocchini.

Di Pietro: «La parola “Io” l’ho scritta io? Non ho capito...». Pm: «Sì, se lei ha scritto quell’organigramma, non solo la parola io, ma tutto l’organigramma». Di Pietro: «Allora... rilevo che ci sono parti che hanno la mia scrittura e altre parti no(...). Questo documento... è stato fatto, ma non è un documento, è un appunto, poi non so se è stato ritagliato, non so dove è stato (...) La parte mia è uno studio di un movimento che volevano imbastire con Cristina Koc» (...). Pm: «Sì, ma poi c’è scritto anche Mani pulite». Di Pietro: «Sì, ma che ci azzecca lui (Rocchini, ndr)?». Pm. «Ah non lo so, l’ha scritto lei». Di Pietro: «No, non ci azzecca niente» (...)». Pm: «In quell’occasione erano presenti queste persone, Stajano, Veltri, Rocchini. Non ricorda?». Di Pietro: «Veramente io non mi ricordo nemmeno quando è stata fatta quella roba lì (...). C’era una persona, credo Ferrieri, che mi segnalò che Rocchini aveva avuto a che fare con l’estrema destra, con Ordine nuovo. Mi irrigidii quando lessi i documenti giudiziari su Rocchini...».

Antonio Di Pietro si sarebbe potuto irrigidire di meno se solo le avesse tutte le carte su Rocchini, che finì in cella 3 mesi ma venne poi prosciolto per non aver commesso il fatto già 15 anni prima, il 20 giugno 1978.

Di Pietro: «A un certo punto mi sono accorto che c’è un signore, che conosco in un convegno, che frequento in un altro convegno... credo che sia addirittura venuto a casa mia, non vorrei sbagliarmi...». Pm: «Sì, c’è tanto di fotografia, ma non l’ho ammessa». Di Pietro: «Ah... ricordo siamo stati in Australia...» (...). Avvocato di Rocchini: «Lei dottor Di Pietro riconosce questa fotografia? Che io devo esibire al teste, dato che non è la solita foto al pranzo conviviale o al pranzo ufficiale, ma è come dire...». Di Pietro: «Ci siamo sicuramente io e lui, è venuto a casa mia». Avv.: «Dov’è avvenuta questa ripresa?». Di Pietro: «Non lo so dov’è avvenuta». Avv. «Denota rapporti molto confidenziali...».

Di Pietro: «(guarda la foto, ndr)... è avvenuta a casa mia». Avv: «Ecco, appunto, a casa sua, bene. I rapporti erano quindi confidenziali?». Di Pietro: «Confidenziali no. Amichevoli, ma da qui adesso non li facciamo confidenziali». Macché.

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