Uno "Straniero" al Lido. Ozon affronta il capolavoro di Camus

Il francese propone una interpretazione coraggiosa, con Voisin nel ruolo dell'eroe negativo Meursault

Uno "Straniero" al Lido. Ozon affronta il capolavoro di Camus
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da Venezia

Ci vuole del coraggio, cinematograficamente parlando, per non affidare alla voce narrante del film uno dei più agghiaccianti incipit romanzeschi del Novecento, quell'"oggi è morta mamma. O forse ieri, non so", con cui si apre Lo straniero di Albert Camus. François Ozon quel coraggio ha dimostrato di averlo, ma va anche detto che, dal punto di vista della sceneggiatura, la pagina scritta di Camus si adatta meravigliosamente allo schermo, e insomma l'insieme è talmente coerente e avvincente da sopportare anche tagli significativi. Va detto altresì che Lo straniero di François Ozon, presentato ieri in concorso, si avvale di un bianco e nero luminoso e di una serie di "facce" attoriali, Benjamin Voisin, Pierre Lottin, Denis Levant, Rebecca Marder, che incarnano perfettamente la tipologia umana di quel racconto scritto da Camus all'inizio degli anni Quaranta e ambientato in un'Algeria di prima della guerra dove i rapporti fra i pied noirs, i francesi d'oltremare, e les indigenes, come venivano definiti gli algerini, erano destinati a divenire sempre più conflittuali. Da un lato, la piccola borghesia dei mestieri e delle armi, l'albergatore, il magazziniere, la guardia, l'impiegato, la dattilografa; dall'altro i giovani arabi dai mille lavori precari e dal coltello sempre pronto a balenare in una rissa, le donne come merci di scambio, di corruzione e di ricatto...

Al centro del racconto come del film c'è il personaggio di Meursault, impiegato in una società marittima, un giovane tranquillo, docile, una vita scandita dalla routine, nessuna passione di cui nutrirsi, nessuna ambizione in cui riconoscersi. Quando il suo capo ufficio gli prospetta l'apertura di una sede parigina, la possibilità di viaggiare e guadagnare di più, la risposta è un no: sta bene dov'è, perché dover cambiare: "Una vita vale un'altra". Quanto a Parigi, "è sporca, ci sono piccioni e cortili bui e la gente ha la pelle bianca".

L'amicizia, in realtà poco più di una frequentazione, con un vicino di casa, Raymond Sintès, la quintessenza del teppista parigino finito sull'altra sponda del Mediterraneo, è destinata però a sconvolgergli l'esistenza, trascinandolo in una spirale di violenza. In una torrida giornata d'estate Meursault ucciderà un ragazzo arabo, senza un perché.

Emblema dell'indifferenza e insieme dell'assurdità della vita, l'"eroe" in negativo di Camus appartiene di diritto alla grande narrativa di tutti i tempi. Ozon, la cui famiglia materna ha origine algerine, gli costruisce intorno una cornice rigorosa, perfetta anche nei dettagli: mobili, auto e vestiti d'epoca, campagne assolate e spiagge solitarie e ci rimanda l'immagine di chi, incapace di aderire alle cose, scivola lentamente, e poi sempre più velocemente, nella "tenera indifferenza del mondo". Come dice lo stesso regista, "affrontare un capolavoro che tutti hanno letto e che ognuno ha messo in scena nella propria mente, è stato una sfida immensa. Ma il mio interesse per il libro era più forte delle mie apprensioni, così mi sono buttato con una certa leggerezza".

Va ricordato che, ancora alla fine degli anni Sessanta, Luchino Visconti diede la sua versione cinematografica, e a colori, di Lo straniero, affidando la parte del protagonista a Marcello Mastroianni. Non fu un grande successo, né di critica né di pubblico, pur se, nel tempo, il film è stato rivalutato. Anche la sua era una regia fedele al testo originale, ma, a differenza di Ozon, che questa fedeltà l'ha messa sin dall'inizio alla base del suo lavoro, Visconti vi fu costretto dalla vedova di Albert Camus, che non solo deteneva i diritti, ma era la più fiera depositaria dell'integrità artistica della sua opera. Va altresì detto che nell'interpretazione di Mastroianni il personaggio di Meursault risultava più una sorta di seduttore pigro e indolente che non un nichilista distaccato e passivo come invece Benjamin Voisin riesce a rendere molto bene nel film di Ozon.

Condannato a morte, alla vigilia

dell'esecuzione Meursault non sa fare altro che augurarsi di vedere molti spettatori intorno alla ghigliottina che gli trancerà la testa, e che dalle loro bocche escano "grida di odio". Solo così, pensa, potrà sentirsi "meno solo".

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