Si chiamano giovani di serie, sono ragazzi tra i 14 e i 19 anni che giocano nel settore giovanile di club professionistici di serie A, B e C. Se ne sono sentite tante, ragazzi sequestrati in camere dalbergo nel timore che firmassero per un altro club, la tristissima storia di quel gruppo di extracomunitari che dopo un provino fallito sono stati abbandonati alla stazione di Padova senza un soldo in tasca. «Chiederci dove finiscano tutti quei ragazzini che arrivano in Italia e non ce la fanno è legittimo - dice Leo Grosso, vicepresidente Aic e membro del Consiglio direttivo della FifPro -. Nel calcio è tutta patologia, e questa è la fabbrica degli spostati, cè una crescita esponenziale del numero degli stranieri ma il turn over alla fine è quello, non cè posto per tutti. Poi, quando arrivano a 19-20 anni, si perdono le loro tracce».
Quali sono gli espedienti più diffusi per avere il minore straniero senza troppe rogne?
«Larticolo 40 consente il tesseramento di extracomunitari mai tesserati. Dei 297 extracomunitari entrati nei nostri vivai in queste ultime tre stagioni, nessuno di loro è mai stato tesserato nel suo Paese dorigine. È curioso che neppure uno abbia mai messo piede in un club eppure venga a giocare a calcio da noi. Ma se qualcuno ha voglia di controllare scoprirà che ci sono 40 giocatori extracomunitari fra A, B e C senza un passato, mai tesserati prima di arrivare da noi. E 14 di loro giocano in serie A».
Come fanno i club a bloccare i ragazzi?
«Quando il giovane di serie compie 14 anni, può sottoscrivere un vincolo che dura fino a 20 anni. Ma già a 16 anni può firmare un contratto da professionista. Il problema è che la Fifa non riconosce alcun vincolo pluriennale fino alletà di 20 anni, quindi il ragazzo può trasferirsi allestero, in genere in Inghilterra, dove riesce a guadagnare molto di più».
E i nostri club come possono tutelarsi?
«Semplice: tesserano extracomunitari in età giovanissima che dopo tre anni diventano home ground players, cioè ottengono uno status particolare in cui viene riconosciuta alla società la formazione del calciatore. Regola fatta per tutelare i vivai, ma si è trovato subito linganno».
Conseguenze?
«Nei nostri vivai ci sono sempre più extracomunitari e meno italiani».
Quando un giovane di serie si trasferisce, al club è garantito un diritto di formazione, cioè un compenso?
«Sì, ma da noi il parametro che lo determina è sbagliato.
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