La strano matrimonio della cinesina che non vuole lasciare la campagna

Con tutta l'opulenza del cinema cinese, ma in un milieu pastorale e non miticoguerresco, esce Tuya's Marriage di Wang Quan'an, vincitore dell'Orso d'oro all'ultimo Festival di Berlino. Nelle steppe della Mongolia Tuya (Yu Nan) vive col marito invalido, i due figlioletti, cento pecore e una fattoria sulle spalle. Benché il governo spinga i pastori nomadi a lasciare la steppa, Tuya la preferisce alla metropoli. Ma per riuscire vive di compromessi: deve divorziare per trovare un qualcuno disposto a farsi carico dell'ex marito. Bellissima, non le mancano i pretendenti, condotti al suo cospetto come se Tuya fosse una principessa e la posta in gioco un regno, piuttosto che un dramma rurale.

Solo uno vincerà il suo cuore, lo sgangherato e imbranato vicino (Bater Sen'ge), con un trattore, un matrimonio fallito e un amore di sempre per Tuya. L'incanto in Tuya's Marriage nasce dal connubio insolito tra le eleganze tradizionali mongole e il mondo pastorale pragmatico e naif.
TUYA’S MARRIAGE (Cina, 2006) di Wang Quan’an, 96 minuti

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