Roma - «Li metterò a dura prova». Berlusconi frena, un po’ perché il canto delle colombe qualche risultato lo sta ottenendo un po’ perché non è poi un male che sia Bossi a scardinare un governo che difficilmente potrà arrivare a fine legislatura. Ma è una frenata che non lascia troppi segni se il Cavaliere punta comunque a un chiarimento che non sia «di facciata». Niente fiducia sui cinque punti programmatici, infatti, ma una decisamente meno decifrabile comunicazione del premier alle Camere. L’occasione per fare finalmente quel discorso in Parlamento che medita da tempo, ma pure un modo per cercare di rendere più stringente un successivo voto.
La strada, insomma, sembra quella di procedere con un voto per così dire «semplice» e mettere da parte la fiducia. Perché in qualche modo - e pur senza un rimpasto - certificherebbe la nascita di un Berlusconi-bis, visto che il governo si troverebbe a due anni di distanza ad avere la fiducia su dei punti programmatici non di due soli partiti (Pdl e Lega) ma di tre. Un cambio di maggioranza che ora è nei fatti e che avrebbe a quel punto il timbro di un passaggio parlamentare di rango, con il Fli che legittimamente la rivendicherebbe come una sua vittoria. Senza contare in un’eventuale crisi di governo i finiani potrebbero farsi forti proprio di quel voto per rispedire al mittente le responsabilità della rottura. Eppoi, ironizzava il Cavaliere con i suoi, star lì a sentire Bocchino che «mi concede» la sua fiducia e quella del Fli me lo risparmio volentieri.
Insomma, l’ennesima partita a scacchi nel gioco del cerino che va avanti ormai da settimane tra Berlusconi, Bossi e Fini. Con il Cavaliere che in questo modo riuscirà a tenere in mano il pallino fino alla vigilia del suo intervento in Parlamento previsto per la fine di settembre. Già, perché un documento programmatico va scritto, limato e corretto mentre un discorso lo si può tarare e modulare anche in corso d’opera. E sarà concentrato soprattutto sui temi della giustizia, perché deve essere chiaro - ragiona Berlusconi con i suoi - che non si può continuare a far politica con le procure. Cosa che, è la convinzione del premier, ormai non fa più solo l’opposizione ma anche il presidente della Camera. Senza considerare che non è certo un mistero il fatto che ormai Ghedini dia per scontata la bocciatura a novembre del legittimo impedimento da parte della Consulta, con i processi Mills e Mediatrade che riprenderebbero in pompa magna. Ed è per questo che - pur avendo il premier assicurato che non sarebbe stato nei cinque punti programmatici - il processo breve non è mai stato messo davvero nel cassetto. È proprio sulla giustizia, poi, che in queste ore il Cavaliere sta sondando non solo parlamentari del gruppo misto ma anche del Fli.
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