RomaDopo ventiquattrore di caute aperture da parte delle opposizioni, ieri sera Pierluigi Bersani ha dato lo stop: «Ogni intervento in corso dopera sulle regole elettorali sarebbe assolutamente inaccettabile».
Da parte del Pd, spiega il segretario, non cè e non ci sarà «nessun accordo tacito» con la maggioranza per sanare per via legislativa il surreale caos sulle liste elettorali. E se il governo davvero andrà avanti sulla strada del decreto legge, forzando la mano anche sulla lista Pdl del Lazio, troverà le barricate in Parlamento e nel Paese: «Ci faremo la campagna elettorale, sulla casta che si autoassolve: a Berlusconi non conviene», assicurano ai piani alti del Pd.
Laccelerazione impressa ieri pomeriggio dalla maggioranza, che ha fatto circolare lipotesi di varare nella notte un decreto per riammettere le liste bocciate, ha imposto allopposizione una rigida chiusura: il Pd è pronto a dare silenziosamente una mano, facendo pressing sulla magistratura, per la riammissione dei listini di Renata Polverini, che infatti ieri sera ha avuto il via libera della Corte dAppello, e di Roberto Formigoni. Addirittura circolava lipotesi di un ritiro della candidatura Penati in Lombardia, se il legittimo avversario non fosse stato reintegrato. Ma non può dare il proprio avallo ad un decreto legge che forzi la situazione prima della pronuncia dei tribunali, altrimenti si troverebbe contro un Tonino Di Pietro sul piede di guerra. E soprattutto il Pd non può permettere che si tenti anche il recupero della lista Pdl nel Lazio: su quello si rischia lo scontro con i Radicali, e con la stessa candidata Emma Bonino. Da due giorni i contatti tra opposizione e maggioranza si erano infittiti e il clima era collaborativo. Anche perché gli ultimi sondaggi hanno creato qualche allarme: una campagna di Berlusconi e del Pdl tutta giocata sulla denuncia di unantidemocratica esclusione dalla partita poteva dare buoni frutti. Il Pdl veniva dato in recupero persino in Puglia, dove una settimana fa sembrava fatta per Nichi Vendola. «È chiaro che se nel Lazio e in Lombardia non vengono ammessi i listini e le candidature di Polverini e Formigoni si crea un problema di democrazia sostanziale che va sanato», ragionava il vicecapogruppo Pd Michele Ventura. E Luciano Violante ipotizzava «un accordo tra tutte le forze politiche per risolvere insieme il problema». Con una contropartita che ieri lincauta Sandra Zampa (portavoce di Romano Prodi e da lui promossa deputata) si è lasciata sfuggire chiara e tonda: «Si cercano soluzioni per Lazio e Lombardia e invece a Bologna per due giorni di ritardo nelle dimissioni del sindaco si vuole negare il voto ai cittadini per un anno? Sono indignata». Insomma, fa capire la Zampa, la città del Professore, dove continua a girare lipotesi di Prodi sindaco dopo lexploit poco edificante del suo pupillo Delbono, deve rientrare nella trattativa.
E dal Pdl erano subito arrivati segnali positivi: di Bologna e di anticipare il voto sotto le due Torri si può discutere, e magari pure del regolamento sulla par condicio che tanto dispiace al Pd. I contatti tra le due sponde, sullasse Letta-Letta (Gianni e Enrico), si erano susseguiti, e il messaggio del Pd era stato chiaro, come spiega un alto dirigente: «Noi, come auspicato anche dal Quirinale, ci impegniamo a fare moral suasion sui tribunali che devono vagliare la riammissione dei listini di Polverini e Formigoni. Se così non sarà si può ragionare su una soluzione legislativa». Con un punto fermo: in nessun caso la lista Pdl della provincia di Roma può essere oggetto di trattativa. È esclusa e basta. Anche perché, spiegavano in camera caritatis i terrorizzati dirigenti Pd, «altrimenti chi la sente Emma Bonino? Smette di fare campagna elettorale e ci viene a fare lo sciopero della sete sotto il partito...».
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