Strizzacervelli aziendale? Follia

Psicologi di tutto il mondo unitevi e lasciateci in pace. Avere raggiunto con metodo e pazienza, sapendo attendere e approfittare del momento buono, un potere immenso che esercitate con subdola discrezione. È venuto il momento di dire a una società che vi investe di problemi che non sa risolvere: «Basta, questo anche noi non sappiamo risolverlo». Ma non accadrà così. E il mio appello sarà considerato semplicemente ridicolo, ma ridicolo come lo sono le semplici verità disattese. La direttiva europea è ispirata da umani intendimenti: perché mai non si dovrebbe valutare lo stress dei lavoratori come una componente che danneggia le prestazioni, sia di chi lavora, sia dell’azienda in cui è impiegato il personale? È un principio di sicurezza, si può osservare con buon senso: lo si applichi, e il vantaggio sarà generale. Chi ha avuto incarichi di responsabilità amministrativa sa che esiste una legge, pronunciata scandendo singolarmente i numeri con cui essa viene catalogata - sei due sei -, molto importante e giusta perché riguarda la messa in sicurezza degli stabili in cui si vive e si lavora. Legge piena di cavilli, difficilissima da rispettare, che prevede perfino come debba essere una scala su cui sale il bidello per pulire i vetri. La normativa europea prevede di mettere in sicurezza la testa dei lavoratori. Ma mentre la sei due sei può far riferimento a situazioni oggettive, per quanto cavillotiche, come fili della luce, rubinetti, porte che devono avere un preciso standard di funzionalità, la normativa europea sullo stress farà riferimento a una situazione vaga e indeterminata come, appunto, è lo stress. E, mentre la sei due sei si affida a operatori che lavorano in un campo preciso come l’idraulica, l’elettricità, l’installazione di serramenti, la normativa europea si affiderà allo psicologo, cioè all’arbitrio totale, generato da scuole e culture di cui le une sostengono verità esattamente contrarie alle altre. Dunque, una questione è se il preside ti viene a dire che tuo figlio ha bisogno dello psicologo perché non rende a scuola; una questione è se decidi di andare dallo psicologo perché sei sempre malinconico avendoti lasciato la moglie; tutt’altra cosa è se una ditta decide che la tua testa deve essere messa in sicurezza per evitare lo stress o perché sei sotto stress. Nei primi due casi sono fatti tuoi. E, con tutto rispetto per lo psicologo, è molto meglio non andare da lui. Se tuo figlio va male a scuola, preoccupati di seguirlo, di stargli con affetto oppure con rigore: in parole povere, interessati di tuo figlio e non delegare allo psicologo un compito che è tuo, che è della famiglia. E così, se sei malinconico, prima di andare dallo psicologo che finirà per dirti cose a cui tu stesso puoi arrivare a sapere, prova a farti un esame di coscienza e dirti verità sgradevoli che non hai coraggio di dirti: prova, insomma, a responsabilizzarti.
Ma lo stress aziendale? Ecco che si ricorrerà ai team, ai gruppi specializzati (in apparenza) che forniranno i pacchetti di assistenza alle aziende. Interverranno coi loro questionari, coi loro protocolli, tireranno le conclusioni: sarai schedato. Il responsabile aziendale della sei due sei antistress decide allora di sospenderti, di farti andare in ferie prima del tempo, forse potrà anche licenziarti. Si dice: è per il bene dell’impresa e del lavoratore. Fosse così... Il fatto è che non è così, perché l’arbitrarietà del giudizio psicologico è immensa, perché (chiedo di essere smentito) le valutazioni sono del tutto controvertibili.

E poi, problema facilmente comprensibile nella sua delicatezza, chi seleziona i selezionatori? Chi mette insieme il gruppo di psicologi? E questi, chi li ha formati per un compito tanto delicato per la vita stessa del lavoratore e per la produttività dell’azienda? La normativa europea, a non voler essere maliziosi, sarà anche dettata da buoni propositi, ma non realizzabili, e chi con onestà dovrebbe dirlo e fare un passo indietro sono proprio loro, i conquistatori della psiche, gli psicologi.

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