Politica

Stroncato da un infarto l'ex senatore Piero Milio, difensore del generale Mori

L'avvocato è morto improvvisamente a Palermo mentre partecipava a un convegno sullo stalking. Un uomo di legge con la passione per la politica: dalle battaglie garantiste a Palazzo Madama a quelle in Tribunale a fianco di Bruno Contrada

Se ne è andato in un attimo per un attacco cardiaco sotto gli occhi attoniti di chi appena pochi minuti prima aveva ascoltato il suo intervento, ad un convegno sullo stalking. Un intervento appassionato, come sempre, perché forse il termine che più caratterizzava l'avvocato ed ex senatore Piero Milio, 66 anni, è proprio questo, passione: passione con la toga addosso, nelle mille e una battaglia combattuta in tribunale per i suoi imputati "eccellenti", Bruno Contrada prima e adesso il generale Mario Mori; e passione per la politica, si guardi qualcuna delle battaglie da lui, liberale di razza, combattute da senatore eletto nelle file dei Radicali.
L'avvocato Milio è morto a Palermo, la città in cui viveva da anni e dove esercitava prevalentemente la sua attività di penalista. Di solito, il sabato, non restava nel capoluogo siciliano. Quando gli impegni glielo consentivano si rifugiava nella sua città natale, Capo d'Orlando, il suo buen ritiro per riprendere nuovamente fiato e ricominciare. E di impegni, nonostante una cardiopatia di lunga data, non se ne faceva mancare: processi su processi, anche particolarmente impegnativi e stressanti; e poi dibattiti, convegni. Come quello che è stato teatro della sua morte. Aveva appena finito di parlare, a lui il compito di tirare le conclusioni di un dibattito su un reato relativamente nuovo, lo stalking. E si è sentito male. Ha capito subito che si trattava di un malore serio, ha preso la sua pillola salva-vita. Invano. Nel giro di pochi minuti è spirato.
Una grande perdita. Per la politica e per l'avvocatura italiana. Liberale di razza, aveva sempre amato la politica attiva. In Parlamento era approdato due volte: nel 1994, alla Camera dei deputati, eletto nelle file del Patto Segni; e nel 1996 a Palazzo Madama, in lista con i Radicali. Molto intensa anche l'attività di avvocato: parte civile del Comune di Palermo al primo maxi-processo a Cosa nostra, difensore del geometra Giuseppe Li Pera, il primo pentito del filone mafia e appalti in Sicilia. E poi Bruno Contrada, assistito con passione per oltre 10 anni in tutti e tre i gradi di giudizio. Un incarico professionale, la difesa dell'ex 007, affrontato con quella carica di umanità e di passione che di Piero Milio erano la caratteristica costante. Appassionato in tutto, anche nel salutare commosso dalla finestra del suo studio, il suo imputato che si era appena consegnato per andare a scontare la condanna a dieci anni.
Adesso il suo imputato eccellente era il generale Mori, assolto in primo grado al processo per la mancata perquisizione del covo di Totò Riina, ma di nuovo sotto processo, sempre a Palermo, per la presunta mancata cattura, nel 1995, di Bernardo Provenzano. Un processo che l'avvocato Milio stava seguendo con grande attenzione e impegni, come sempre.

Un processo del quale, purtroppo, non vedrà mai la fine.

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