«Continuerò ad andare a scuola anche se proveranno a uccidermi». Da un letto d’ospedale, la giovane afghana Shamsia Husainai, 17 anni, mostra un coraggio da leone. I talebani l’hanno sfregiata gettandole in faccia dell’acido, perché osava frequentare un liceo a Kandahar, l’ex roccaforte di mullah Omar. Il suo volto è gonfio, spalmato con un crema densa e gialla contro le ustioni. Un occhio è rimasto lesionato, ma lo sguardo è quello fiero e forte di una piccola eroina afghana.
«Non mi fermeranno. Voglio continuare a studiare per rifondare il mio Paese», sostiene Shamsia davanti ai taccuini di un gruppo di giornalisti che sono andati a trovarla all’ospedale militare di Kabul. La ragazzina è la più grave della dozzina di studentesse e due insegnanti attaccate con l’acido mercoledì, mentre si stavano recando a scuola. «Il messaggio ai miei nemici è chiaro: anche se lo rifaranno 100 volte, continuerò i miei studi», sottolinea la giovane. Le fa eco Najiba Nuristani, alto funzionario del ministero dell’Educazione, venuta a trovare la ragazzina. «Queste azioni, come gli attacchi suicidi, non fermeranno l’educazione in Afghanistan, soprattutto per le ragazze», dichiara la rappresentante del governo.
Mercoledì Shamsia, la sorella e le sue amiche si stavano recando a scuola alle otto del mattino, come ogni giorno. Portavano un rigoroso grembiule nero e il capo era coperto da un velo bianco. A malapena si intravedeva il volto. Due integralisti, a bordo di una motocicletta, si sono avvicinati al gruppetto di ragazze. Poi hanno lanciato l’acido, contenuto in bottigliette. Alcune studentesse sono state fortunate e il liquido ha bruciato loro solo vestiti e capelli. Shamsia, invece, è stata colpita in pieno viso. Quasi in contemporanea altri attentatori si accanivano su un diverso gruppo di studentesse e due insegnanti.
Gli attacchi combinati con l’acido sono stati almeno tre a poca distanza l’uno dall’altro. Sembra che gli integralisti abbiano utilizzato anche pistole giocattolo per spruzzare il liquido e colpire con più precisione. In tutto sono una dozzina le studentesse finite nel mirino degli oscurantisti islamici. Le più gravi sono tre, centrate in faccia dall’acido che sta mangiando loro la pelle. La più giovane si chiama Atifa Bibi e ha 14 anni. Tutte le ragazze vittime della grave intimidazione frequentano la scuola Mirwais Mena di Kandahar. «Erano in moto e non hanno detto nulla. Si sono fermati spruzzando l’acido verso di noi», ha raccontato Susan Ibrahimi, una delle giovani insegnanti finite nell’imboscata degli integralisti. Diciannove anni, aveva iniziato il tirocinio alla Mirwais Mena da solo quattro mesi. Stava andando a scuola assieme alla madre, che insegna. «Temo che rimarrò sfigurata per sempre - ammette Susan -. Non vogliono che le ragazze frequentino la scuola, non sopportano l’educazione», spiega la giovane che vuole insegnare. Nessuno ha rivendicato il folle gesto, ma il leader afghano Hamid Karzai accusa «i nemici dell’Afghanistan», i talebani.
Nel 2007, secondo i dati dell’Onu, 236 scuole sono state attaccate e in molti casi date alle fiamme. Lo scorso anno fece scalpore l’esecuzione di due studentesse davanti a una scuola femminile nella provincia conservatrice e pashtun di Logar, vicino a Kabul. I talebani hanno tagliato naso e orecchie a insegnanti che secondo loro non rispettavano l’islam. In alcuni casi i poveri maestri sono stati decapitati con l’accusa di fare il gioco della Nato. La loro colpa è cercare di istruire a valori più umani la nuova generazione di afghani. Spesso l’obiettivo dei talebani è chiudere le scuole per arruolare nuove reclute. Il giorno dopo l’imboscata con l’acido a Kandahar il liceo delle studentesse era deserto.
Le famiglie hanno tenuto a casa le proprie figlie per timore di nuove rappresaglie. Quando il mullah Omar era al potere meno di un milione di afghani, quasi tutti maschi, andavano a scuola. Oggi sono 6 milioni, un terzo dei quali ragazze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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