Cronaca locale

Su e giù in Valcamonica «Io parroco con 5 chiese benedico l’automobile»

Cinque parrocchie sparpagliate su 70 chilometri, un tracciato tutto curve e dislivelli, dai 200 ai 1.500 metri. In bicicletta? «Non si può, qui è come al Giro d’Italia». Allora, lui, don Ermanno Turla, 58 anni, parroco in ben cinque frazioni, gli spostamenti li fa in macchina. «Benedetta, la mia auto. A volte mi faccio pure la barba, una mano sul volante, l’altra sul rasoio (elettrico). E poi telefono (ma con le cuffiette) e ascolto i telegiornali».
Siamo a Pisogne, un borgo da cartolina che si affaccia sulla sponda orientale del lago d’Iseo, suppergiù 8mila abitanti. Ma siamo anche a Toline, Sonvico, Pontasio e Grignaghe, contrade della Valcamonica da 200-300 residenti. Cinque paesi, fra lungolago e montagne, cinque parrocchie («che potrebbero diventare sette») e un unico parroco. È lui il super-prete - affiancato da un sacerdote in pensione e da due giovani - che gestisce undici messe la domenica, cinque nei giorni feriali più matrimoni e funerali. Chiametelo voi, se volete, effetto da crisi delle vocazioni. Per don Ermanno questa è un’«opportunità». Meglio: «una grazia». Perchè? Lo aiutano i fedeli. A trecentosessanta gradi. Si occupano di amministrazione, raccolgono le elemosine e le portano in banca. Tengono d’occhio la struttura: se il tetto fa acqua o il pavimento cede sono loro a chiamare gli operai. Hanno formato i consigli parrocchiali, gruppi da 25 persone nella chiesa grande di Pisogne e da otto in quelle più piccole, si riuniscono periodicamente e fanno il punto. Se una parrocchia ha bisogno di soldi? L’altra glieli presta. La catechesi e i ritiri spirituali? D’estate si va tutti in montagna, d’inverno ci si riunisce dove c’è l’oratorio più accogliente. «La vede la grazia? - aggiunge don Turla - Se la gente suda su qualcosa, sente che questo qualcosa gli appartiene. La parrocchia è casa loro. Essere chiesa vuol dire stare insieme, così un essere umano si realizza: in mezzo agli altri». E così delegando le pratiche burocratiche e di gestione il super-prete riesce a fare il prete. A che ora la sveglia? «Alle 6,20. Per tre quarti d’ora mi dedico alla riflessione e alla preghiera, è fondamentale per ricaricarsi, è come fare un pieno di benzina. Poi celebro messa, in media due al giorno, la domenica quattro. Per questo mi sposto in auto. Se qualcuno mi avvicina per parlarmi? Gli dò il cellulare o lo richiamo appena posso. Nel pomeriggio, in genere, visito i malati e le famiglie. Ogni tanto ho le riunioni sacerdotali, coordino una trentina di preti delle parrocchie vicine. La sera studio e mi aggiorno per tre quarti d’ora, non si può “vivere di rendita” per più di 3 mesi, lo studio è cibo fresco.

La sera quando vado a letto infilo una gamba sotto le coperte e non ricordo se riesco a metter la seconda, sono già addormentato».

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