Su Magna Carta un’analisi spietata del veltronismo

Su Magna Carta un’analisi spietata del veltronismo

Il sindaco Veltroni - lo abbiamo scritto più volte su queste pagine - è riuscito in questi anni a costruire un’immagine «ecumenica» di sé. In varie occasioni abbiamo sottolineato come riesca, almeno all’apparenza, a conciliare l’inconciliabile, a inglobare sotto la sua ala protettrice persone molto distanti tra loro. A superare contraddizioni e contrapposizioni. Questo tipo di politica - che, a ragione, si può chiamare “veltronismo” - viene analizzata in un editoriale di «Magna Carta», uno dei «pensatoi» più importanti del centrodestra, che si ispira alle idee dell’ex presidente del Senato Marcello Pera. Alcuni spunti dell’editoriale meritano di essere segnalati.
«Il veltronismo - scrive Magna Carta - è essenzialmente il pluralismo in un uomo solo. Veltroni da solo garantisce quello che una volta si chiamava l’arco costituzionale; potrebbe andare a Porta a Porta, occupare a turno tutte le sedie e il dibattito sarebbe assicurato. Per Veltroni la par condicio è solo un problema di ripartizione interna della sua coscienza. Il suo risultato ideale è un ballottaggio con se medesimo. Lo ammette lui stesso con candore nel refrain della sua campagna elettorale: “Veltroni, il sindaco di tutti”. Che, detto in campagna elettorale e non dopo l’eventuale vittoria, svuota di senso lo scontro nell’urna».
«Una analisi più munita e meglio corredata - si legge ancora nell’editoriale - potrebbe mettere a confronto i suoi discorsi nei centri sociali e nelle parrocchie, negli asili nido e al Gay Pride, in Africa e in America, in Palestina e in Israele, a San Pietro e nella moschea di Monte Antenne. Gli esperti di sdoppiamento della personalità avrebbero il loro daffare nel catalogarli. Veltroni è maggioranza e opposizione in qualsiasi quadrante delle politica locale e nazionale. Deve solo controllare bene l’agenda per non sbagliare occasione. Come sarebbe possibile altrimenti avere il sostegno contemporaneo del no-global, espropriatore proletario, pluri-indagato Nunzio D’Erme e di Alberto Michelini, transfuga da Forza Italia all’indomani della sconfitta elettorale e campione del “Dio, patria, famiglia”?».
«Qui non siamo - scrive Magna Carta - all’ormai ben noto “effetto coalizione” che centrodestra e centrosinistra si sono rinfacciati di continuo durante la campagna elettorale, per cui si imbarca chiunque faccia prendere uno zerovirgola in più. Qui è diverso: Veltroni è Nunzio D’Erme ed è Alberto Michelini. Veltroni è coalizzato nell’anima: è Madre Teresa di Calcutta e Fidel Castro, è Sofri e Calabresi, Roma e Juve, Kennedy e Nixon, cura e malattia. Nell’universo politico veltroniano il conflitto è bandito perché risolto in sé medesimo. Il buonismo è solo l’epifenomeno, la schiuma: quello che accade nel profondo è un gigantesco big bang al contrario, un’implosione che riduce il tutto all’uno. Prodi in confronto è uno stanco dilettante, un giocoliere del bilico, che suda per tenere in piedi la pila della maggioranza, mentre l’opposizione soffia e sbuffa per far crollare tutto. Veltroni saprebbe farlo ad occhi chiusi, su un piede solo e con gli applausi dell’opposizione (se mai ne restasse una).

Qualsiasi romano è testimone dell’invincibile idiosincrasia di Veltroni per i conflitti. Il sindaco ha creato attorno a se una cappa di consenso impenetrabile. Se esiste anche la più remota possibilità di una contestazione o anche solo di qualche mugugno, Veltroni sarà certamente altrove».

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