Alberto Toscano
da Parigi
«La questione delle dimissioni del primo ministro Dominique de Villepin è ormai concreta», dicono molti politologi francesi in seguito all'ultima disavventura del capo del governo, incappato questa volta in una sorta di Watergate alla parigina. Villepin è già molto impopolare a seguito del suo tentativo di imporre il cosiddetto Cpe (Contrat première embauche, ossia contratto di prima assunzione).
Stavolta il premier, che è tradizionalmente il braccio destro del suo amico presidente Jacques Chirac, rischia davvero di affondare. Il cosiddetto Affaire Clairstream, dal nome di una società finanziaria, nasconde un'inchiesta vecchia di anni su un presunto giro di transizioni sospette a beneficio di personaggi politici. Il tutto alimentato da rivelazioni anonime che non potevano insospettire i servizi segreti. Adesso si scopre che lo scandalo nascondeva una montatura volta a mettere in difficoltà alcuni personaggi emergenti della politica francese, tra cui l'attuale ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy, grande rivale di Villepin in seno al loro comune partito: l'Union pour un mouvement populaire (Ump). Alcuni pensano che Villepin abbia usato i servizi segreti nel tentativo di screditare Sarkozy e di impedirgli di presentarsi alle presidenziali dell'anno prossimo (lasciandogli così il posto).
Villepin risponde a colpi di smentite, ma aveva «assolutamente smentito» anche l'ipotesi di un possibile ritiro della legge sul Cpe. E si è visto come è andata a finire. Sull'avvenire del primo ministro pesa come un macigno la testimonianza del generale Philippe Rondot, convinto che Villepin e i suoi più stretti collaboratori la sapessero stranamente lunga sui retroscena di quel presunto scandalo. Il generale dei servizi accenna soprattutto a un'imbeccata di Villepin a prendere Sarkozy nel mirino delle proprie indagini. I titoli di molti giornali alzano ormai il tono contro Villepin, di cui l'esponente socialista socialista Henri Emmanuelli chiede ufficialmente le dimissioni.
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