Controcultura

"La sua leggenda ha stregato anche Jackie Kennedy"

Christian Greco, 47 anni, egittologo e direttore del Museo Egizio di Torino dove è approdato nel 2014 per realizzare una delle più riuscite trasformazioni museali in Italia

"La sua leggenda ha stregato anche Jackie Kennedy"

Christian Greco, 47 anni, egittologo e direttore del Museo Egizio di Torino dove è approdato nel 2014 per realizzare una delle più riuscite trasformazioni museali in Italia, si è innamorato dell'Egitto a 12 anni, durante una vacanza: a cento anni dalla scoperta della tomba del celebre faraone, ricordandosi proprio del Christian di allora, ha confezionato il gustoso libro per ragazzi Tutankhamun. La scoperta del giovane faraone (DeAgostini, prefazione di Evelina Christillin) e siccome sull'argomento ha parecchio da dire, sta anche lavorando a un corposo saggio sul «re bambino» che uscirà a Natale.

A proposito: Tutankhamun o Tutankhamon?

«Vanno bene entrambi».

La tomba di Tutankhamun è stata scoperta per caso dall'inglese Howard Carter: fortuna o tigna, la sua?

«Carter non aveva titoli accademici: partì per l'Egitto ad appena 17 anni, la sua formazione fu tutta sul campo, ma è l'unico egittologo di cui la gente conosce il nome».

Dilettante fortunato?

«Affatto. Si concentrò sulla parte centrale della Valle dei Re, quella tra le tombe di Ramses VI e Ramses IX, perché era l'unico punto della necropoli dove all'epoca non si era ancora scavato. Ebbe un'ottima intuizione. La fortuna fu un'altra».

Quale?

«La tomba di Tutankhamun venne saccheggiata due volte, subito dopo la sua costruzione. Fu poi riassestata e sull'esterno vennero poste le baracche per gli operai che lavoravano alla tomba accanto, quella di Ramses VI, sigillandone così a lungo l'ingresso».

Si dice sia la scoperta archeologica più importante del Novecento. Concorda?

«Un ritrovamento di questo tipo parla all'immaginario. Nel 1922 eravamo appena usciti da una guerra mondiale rovinosa, la gente voleva tornare a sognare e qui abbiamo gli elementi giusti per farlo».

Ovvero?

«In un Paese esotico viene trovata intatta (anche se in realtà oggi sappiamo che non è così) la tomba di un faraone ragazzino che, chissà, forse a molti evocava i tanti giovani morti in guerra».

La maschera di Tutankhamun ha contribuito alla «Tut-mania», fenomeno che dura ancor oggi.

«Quella maschera d'oro ha vinto il tempo. Vediamo il volto di un sovrano di cui si sapeva poco o nulla, un faraone che ha regnato durante un periodo di transizione molto complicato e per poco tempo. Possiamo dire che ha avuto un ruolo maggiore nel XX e nel XXI secolo che nella sua stessa vita».

E poi c'è la maledizione...

«Qui siamo nella pura leggenda, probabilmente figlia di quell'orientalismo novecentesco che ammantava l'Egitto di mistero. Vari studi dimostrano che nessuna delle persone venute a contatto con la tomba di Tutankhamun sia morta in circostanze oscure».

La scoperta della tomba di Tutankhamun diventa a un certo punto una questione politica...

«Stati Uniti e blocco sovietico durante la Guerra Fredda rivaleggiarono per recuperare per primi in Egitto gli oggetti tombali da portare in tour nelle mostre. Del '61 è un'iconica foto di Jacqueline Kennedy, allora first lady, alla National Gallery di Washington di fronte alla maschera di Tutankhamun. È il faraone dei record: la mostra a lui dedicata nel '72 dal British Museum è ancora oggi la più visitata di sempre: la gente faceva 72 ore in coda per entrare».

Perché questa ossessione?

«Tutankhamun ha battuto i limiti del tempo, la sua immagine parla al fanciullino che è dentro di noi».

Commenti