Sulla stampa cittadina di questi ultimi giorni si sono sprecati fiumi di inchiostro da parte di diverse componenti politiche sulla morte di Fabrizio Quattrocchi, il nostro concittadino barbaramente trucidato in Iraq.
Il caso è stato portato in Parlamento e anche nella sede consiliare di Genova dove purtroppo non è stato discusso, anzi si è ritenuto di rinviarlo ad altra data.
La pietà umana avrebbe voluto unirsi alla dignità della famiglia ed esprimerle la solidarietà di questa città, senza strumentalizzazioni di sorta ma, di fronte al coro dei vari soggetti che hanno alzato la loro voce, come cittadino genovese sento il dovere morale di esprimere alla famiglia i sensi del più vivo cordoglio di fronte alla morte di Fabrizio che, rimanga chiaro, era un lavoratore che operava in una zona a rischio, per sbarcare come tanti altri il proprio lunario.
Se la morte di una persona che svolge un incarico privato potrebbe non trovare il consenso di tutti per dedicargli il nome di una strada, ritengo che il modo in cui ha saputo affrontare la morte dicendo ai suoi carnefici: «Vi mostro come muore un italiano», pone in luce la sua personalità e il valore di un animo orgoglioso e fiero di appartenere a questa terra.
La sua lezione di vita e di morte deve essere un esempio per certi personaggi abulici che ostentano superiorità intellettuale pontificando su certi argomenti che non saprebbero mai affrontare.
A Fabrizio Quattrocchi va riconosciuto il grande merito di aver saputo morire con orgogliosa dignità avendo sulle labbra la parola Italia.
Remo Benzi
Consigliere comunale di Liguria nuova
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