Nei toni il «nein» è sempre stentoreo: niente eurobond, nessun cambiamento nel ruolo della Bce in modo da consentirle di comprare a mani basse titoli dei Paesi in difficoltà.Ma intorno ad Angela Merkel e al suo manipolo di difensori a oltranza dell’ortodossia monetaria tedesca ( fondamentalmente economisti e vertici della Bundesbank guidati da Jens Weidmann, nella foto ) il terreno inizia a franare. E il flop dell’asta dei Bund di ieri potrebbe accelerare il mutamento di clima che sembra per la prima volta far capolino in Germania. Già ieri, nel suo commento all’asta fiasco, l’edizione online della Frankfurter Allgemeine (il quotidiano di Francoforte espressione per eccellenza dell’establishment) suonava possibilista: «l’insistenza tedesca sulle sue tradizionali posizioni potrebbe rivelarsi non più adeguata alla pressione dei fatti e in ultima analisi insostenibile ». Lo stesso quotidiano citava con rilievo il commento di un finanziere inglese che paragonava l’ostinazione di Berlino verso la Grecia alla miopia della Francia nei confronti della Germania sconfitta dopo la prima guerra mondiale: allora l’ottusità di Parigi nel chiedere comunque il pagamento integrale dei danni di guerra contribuì alla rovina economica della repubblica di Weimar e all’arrivo del nazismo.
Nella politica tedesca si parla sempre più spesso della necessità di usare il cosiddetto «big bazooka»,l’arma finale per uscire dalla crisi.
E, come spiegava ieri il quotidiano economico Handelsblatt , il «big bazooka» non può che assumere la forma degli eurobond o di un cambiamento di maglia della Bce. L’eventualità non viene certo vista con favore (titolo del giornale: «Peste e colera », espressione usata spesso in Germania per indicare due alternative altrettanto spaventevoli), ma allafine nella sua analisiil capoeconomista del quotidiano si dichiarava a favore dell’Eurotower come «prestatore di ultima istanza»: in fin dei conti, spiegava, diventerebbe nè più nè meno come la Federal Reserve americana, e poi, qual è l’alternativa? Quanto alla Merkel sulle ricette anti crisi è oggi isolata in Europa. E le sue caratteristiche sono una cautela e una metodicità che arrivano fino alla pedanteria. Ma due recenti decisioni, sulla rinuncia al nucleare e sull’introduzione del salario minimo, dimostrano che quando vuole sa agire anche in fretta. Di sicuro condivide il principio di fondo propagandato dall’anima tedesca della Banca centrale: tenere sulla corda i Paesi «peccatori» (Schulden, debito, in tedesco ha la stessa radice di Schuld, colpa) serve per costringerli a mettere finalmente in ordine i loro bilanci. Ma la Cancelliera ha anche già detto che una volta a punto il controllo europeodelle politiche fiscali si potrà parlare di eurobond. Il piano presentato in questo senso dal presidente della Commissione Josè Barroso, potrebbe essere una base di discussione. E la presenza di un rigoroso numero uno alla Bce come Mario Draghi potrebbe aiutarla a far digerire all’opinione pubblica misure straordinarie.
Perchè il problema è sempre quello: «Gli eurobond», ha scritto ieri la Süddeutsche Zeitung, «contraddicono tutto quello in cui i tedeschi hanno creduto negli ultimi 60 anni: la responsabilità individuale e il principio che merita di essere aiutato solo che fa di tutto per salvarsi da solo». Tutto giusto. Ma se anche i Bund restano invenduti...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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