Laura Cesaretti
da Roma
Caso Unipol come Tangentopoli, cooperative rosse come i socialisti, e infine Massimo DAlema come Bettino Craxi: lequazione che ieri tracciava il Foglio sulla sua prima pagina non può che inquietare chi nel mondo politico rischia di essere più toccato dagli esiti dellOpa su Bnl e dalle inchieste giudiziarie sul capo della compagnia assicurativa «rossa» Consorte e sul suo vice Sacchetti. Ossia innanzitutto la Quercia.
«È prematuro parlare di ripercussioni politiche su chi fra noi si è più esposto nel difendere quelloperazione - avverte il senatore Cesare Salvi - ma di certo non sarebbero poca cosa, visto che in ballo ci sono il segretario, il presidente e un dirigente di primo piano di questo partito», ossia Fassino, DAlema e Bersani, che non ha mai nascosto di pensare che «Consorte è una persona assolutamente per bene, e se mai per male sono quelli che lo contrastano». Salvi, che sulle commistioni indebite tra politica e quattrini ha anche dato alle stampe un recente libro, non si sbilancia a dare giudizi ora: «Ci vorrebbero strumenti di analisi che non ho, adesso. Ma una cosa è certa: si conferma che la politica deve stare lontano dagli affari, lasciar fare al mercato e ai suoi regolatori». Ma è vero, come scrive il Foglio, che su quella sinistra che ha appoggiato gli scalatori si sta scatenando la vendetta dellestablishment? «Beh, questestate si è accesa una guerra finanziaria, quelli si volevano comprare banche, giornali e chi più ne ha più ne metta: una reazione era inevitabile. Il problema ora è di capire se quegli scalatori erano in regola. Io posso solo pormi alcune domande e sperare che lo fossero».
Un altro dirigente ds, vicino a DAlema e a Fassino, scuote la testa: «È una brutta storia, pericolosa. Se lOpa finisce male, la cosa non può non avere riflessi sulla gerarchia del mondo cooperativo, e giù per li rami su chi la ha difesa. Consorte prende un brutto colpo, ma lo prendono anche coloro che lo hanno sostenuto. Per questo siamo tutti sul chi vive, e nessuno ha molta voglia di parlarne».
In verità, se i ds vivono ore di ansia, dentro lUlivo ci sono anche i parenti-serpenti che non versano lacrime sui guai degli alleati, anzi: «Caspita, in un sol colpo i ds rischiano di perdere il candidato al Quirinale, quello alla vicepremiership e anche il futuro segretario del partito», è il commento poco solidale di un dirigente della Margherita, che ovviamente non lo ripeterebbe mai in pubblico. Tace anche Arturo Parisi, che con una memorabile intervista agostana scagliò contro la Quercia la pietra della «questione morale», e che oggi si limita a rimandare a quel che disse allora, perchè «laccanimento terapeutico è inutile». Ma anche in casa prodiana non si versano lacrime per chi «questestate ha provato a mettere le mani su tutto: presidenza Rai, giornali, banche, futuro governo e istituzioni».
Le scarse dichiarazioni ufficiali dalla Quercia sono naturalmente ottimiste: «Il partito è tranquillo e guarda con fiducia allazione della magistratura, non vedo particolari motivi di preoccupazione», asserisce il dalemiano Latorre. Che avanza il sospetto che «tutto questo baccano abbia come obiettivo proprio di non far andare in porto lOpa». Un battitore libero come Lanfranco Turci, che del movimento cooperativo è stato a capo, esclude però complotti anti-ds: «Che le operazioni estive, soprattutto su Rcs, abbiano disturbato lestablishment è fuori discussione. Ma non vedo una capacità complottarda tale da riuscire a bruciare DAlema, ammesso che sia bruciato. Certo è che una parte dei ds si è troppo esposta, e ha sbagliato: non per imprudenza verso lestablishment, ma perchè non era opportuno. Certo ora se le accuse vengono provate cè un danno sicuro per la sinistra e i ds, alleati storici delle coop.
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