Labilità dei radicali sta nel mischiare passione civile e un pizzico di realpolitik. Da una parte quindi i consueti scioperi della fame e della sete (chiedete a Marco Pannella di fare semmai lo sciopero delle sigarette, se è capace) e dall'altra un occhio di riguardo per il compagno di governo Romano Prodi, cui i radicali stanno perdonando tutta l'ignavia dimostrata nei mesi scorsi proprio in tema di diritti civili.
Prodi è quello che vorrebbe sospendere l'embargo delle armi alla Cina, è quello che il 12 ottobre scorso non ha neppure voluto incontrare il Dalai Lama, è quello che non si è opposto alla candidatura del venezuelano Hugo Chavez al Consiglio di Sicurezza. E adesso la moratoria sulla pena di morte sembra quasi che l'abbia inventata lui: e però leggetevi i titoli di un paio di comunicati firmati nei mesi scorsi dal radicale Matteo Mecacci, membro della Rosa nel pugno. 19 ottobre: «Pena di morte, le dichiarazioni del sottosegretario Vernetti confermano la mancanza di un vero impegno del governo sulla moratoria delle esecuzioni capitali».
Se Prodi vuole dissentire dagli scioperi di Marco Pannella, dunque, può anche farlo. Basta che non chieda, salito sul carretto radicale per due o tre metri, perché Pannella li faccia.
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