Sul caso Battisti deciderà Lula (e sappiamo come)

Caro dottor Granzotto, ho voglia di sgranchirmi un po’ le dita sulla tastiera del mio pc. Mi è venuta in mente una notizia che ha fatto molto scalpore all’epoca. Verso fine 2008, inizi 2009, è venuta fuori la storia di Cesare Battisti che si trova in Brasile. L’attuale ministro brasiliano, Tarso Genro, aveva sentenziato che il Battisti non sarebbe mai stato estradato. Se non ricordo male la Corte di Giustizia brasiliana doveva dare il suo verdetto nei primi mesi del mese di marzo 2009. Ma non ne ho più sentito parlare da parte della stampa italiana e brasiliana. Lei è in grado di farmi sapere se qualcosa sia cambiato da febbraio a oggi?

Cesare Battisti, il pluriomicida militante dei Proletari armati per il comunismo, è al momento recluso nel carcere «Papuda» di Rio de Janeiro, caro Haas. In attesa che il Supremo Tribunal Federal de Brasil dipani la matassa del suo caso stabilendo se il Battisti sia da ritenersi un rifugiato politico e dunque un uomo libero (in Brasile) o se invece debba essere estradato per scontare la pena alla «cadena perpetua», l’ergastolo, al quale è stato condannato dal tribunale italiano. In sostanza, quella che è la corte costituzionale brasiliana è chiamata a dirimere un vero pasticcio all’italiana nel quale ha perfino avuto un ruolo, per dire di che razza di pasticcio trattasi, quella smorfiosa di madame Bruni in Sarkozy. Costei si fece infatti a suo tempo interprete, presso il presidente Luiz Inácio Lula da Silva, dei sentimenti della «gauche caviar» parigina, all’unanimità schierata a fianco del fine intellettuale, del valoroso combattente per la libertà dei popoli che è, ai loro occhi e in particolare a quelli di Carlà, quel delinquente, quell’assassino di Battisti. Lula ovviamente acconsentì, investendo il pluriomicida della dignità di rifugiato politico, facendolo così in pratica un intoccabile o comunque un non estradabile. Provvedimento subito contestato dal Conare, l’organismo brasiliano che esamina le richieste di asilo politico, a sua volta smentito dal ministro della Giustizia Tarso Genro, che avanzò, invece, il «fondato timore di persecuzione del Battisti in Italia per le sue idee politiche». Nonostante la pressione di Lula e del suo ministro, nonostante il dietrofront di Antonio Fernando de Souza, procuratore generale della Repubblica Brasiliana, dapprima favorevole all’estradizione e di poi convertitosi alla causa Lula-Carlà, l’impavido Tribunale supremo riuscì a impedire la scarcerazione del «perseguitato» pluriomicida che, come le ho accennato caro Haas, tuttora langue, si fa per dire, nel luogo che più gli conviene: le galere brasiliane. Per quanto tempo ancora? Lo sapremo in seguito. Le autorità hanno fatto sapere che il processo per la estradizione di Battisti sarà tenuto entro l’anno in corso, pur se «nadie puede anticipar», nessuno può dire in che data sarà istruito. Anche perché sul pluriomicida pende un’altra accusa: quando fu arrestato diede false generalità suffragate da un passaporto taroccato. Reato che in Brasile si paga con la detenzione da due a sei anni. La partita resta dunque aperta (e così la sceneggiata).

Ma non s’aspetti, caro Haas, che sia poi la giustizia a trionfare. Come ha recentemente dichiarato l’influente magistrato Marco Aurelio Mello, «a decisão final» spetterà infatti a Luiz Inácio Lula da Silva, quello sensibile al fascino delle smorfiosette.

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